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Salad Days Magazine | April 19, 2024

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Interviews

JX ARKET – INTERVIEW

December 20, 2019 |

Con ‘About Existence’ i JX Arket si sono affacciati sulla scena alternative in maniera convincente, proponendo un tema sonoro che riporta alla mente il periodo post-hardcore di fine anni ’90 con un tema portante quale l’esistenza umana. Li abbiamo incontrati per conoscerli meglio.

SD: Ciao ragazzi, partiamo innanzitutto con una breve introduzione per quel che riguarda il progetto Jx Arket? Quali sono i punti caldi finora toccati dalla band?
JA: Nel 2016 è nato il progetto che da subito coinvolse cinque persone con l’obiettivo di riprendere l’atmosfera core e post degli anni ‘90 e ‘00. In questi tre anni di band ci siamo sempre sentiti molto liberi di mettere insieme tutti i nostri riferimenti che sono parecchio diversi ma che creano sempre la stessa atmosfera, carica di sentimenti ed emozioni che vanno dall’aggressività all’estrema pace.

SD: Nella mia recensione ho parlato di come il post-hardcore di fine anni ‘90/’00 abbia influenzato il vostro percorso artistico, nella fattispecie parlando soprattutto dei Poison The Well. Ho centrato il punto a vostro avviso? E se sì, quali aspetti vi hanno colpito di quella band al punto da portarvi a seguire il loro percorso?
JA: Quando abbiamo letto la recensione che citava i Poison the Well, la famosa lacrimuccia è scesa! (risate). Io (Bruno) sono riuscito a vederli live nel 2008 ed è stato un concerto pazzesco pieno di energia e intensità. Andrea che come me li adora, è praticamente cresciuto anche lui ascoltandoli, cosa che probabilmente ha influenzato molto alcune nostre parti di chitarra. Insomma, è una band che ci ispira tantissimo dall’epoca in cui il metalcore era ancora il vero hardcore con il punch del metal, senza altre sfumature che si sono aggiunte col tempo.

SD: Arriviamo quindi ad ‘About Existence’, un disco che va a trattare vari aspetti emozionali e non legati ad alcuni aspetti dell’esistenza umana. C’è qualcosa nello specifico che vi ha spinto a trattare questo tema all’interno del disco? Come è stato mettere su un foglio concetti e considerazioni comunque sia più personali rispetto a un classico lavoro senza un concept vero e proprio?
JA: Come molti dei nostri testi la parte emozionale fa parte di uno degli elementi chiave che un po’ ci caratterizza. Per questo motivo, così come per il primo album ho spontaneamente incluso la sfera emotiva all’interno di alcuni pezzi, pur distaccandomi in parte dal tema principale del concept. Tutti i nostri testi vengono scritti di getto (così come i pezzi), cogliendo l’ispirazione del momento, un pensiero passeggero o riflessioni perpetuate nel tempo che spesso hanno sfumature più tristi e drammatiche. Diciamo che in parte mi sento un po’ un “sad boy” (risate) quindi emotivamente parlando spesso tiro fori
concetti non del tutto allegri.

SD: Recentemente avete pubblicato un nuovo videoclip tratto dal singolo ‘Faded Colors’. A cosa dobbiamo questa scelta per quel che riguarda un nuovo video e qual è il tema portante legato al brano?
JA: Il tema portante del brano è la perdita. Il soggetto del testo è in preda allo sconforto causato dall’aver perso in maniera irrevocabile qualcuno di molto caro. Questo disagio lo logora fino a “sbiadire” la sua felicità. Abbiamo cercato di riportare questo concetto all’interno del video utilizzando il colore nero come una sorta di “infezione” che lentamente prende il possesso del protagonista.

SD: Come fatto notare in altre recensioni, il voler sperimentare sembra essere un punto caldo all’interno dei JX Arket, al punto che diversi media hanno evidenziato le vostre escursioni verso ambienti post-rock. Questa fame di osare porterà a ulteriori novità nel songwriting in futuro a vostro avviso?
JA: Secondo me sì, ascoltiamo tante cose diverse e tante cose nuove, ci piace tantissimo sperimentare sia dal lato tecnico (come sonorità, effetti ecc.) che dal lato musicale (con stacchi strani, tempi e atmosfere varie). Non seguiamo una formula per comporre un pezzo, basta che il risultato finale sia qualcosa che ci rappresenti. Non ci preoccupiamo tanto di seguire una linea che ci porti ad avere una certa particolarità, teniamo sempre in mente che quello che facciamo deve piacere a noi, poi se qualcuno si prende bene siamo contenti e ci divertiamo insieme sul palco e ai live.

SD: Di quale brano andate maggiormente orgogliosi?
JA: Parlare di un unico brano non è facile, però possiamo dire che ‘About Existence’ è stato un po’ un esempio dell’evoluzione e maturità che stiamo puntando insieme. È nato da una jam come tanti altri pezzi e ci siamo trovati bene col risultato finale. Siamo riusciti a mischiare un bel po’ di elementi “presi” da quello che ascoltiamo e che ci ispira, per cui diciamo che il prodotto finale ci ha reso molto orgogliosi.

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SD: Nella foto promozionale si nota che siete tutti accomunati da un look streetwear/alternative oriented. Siete appassionati di action sports/brand streetwear nello specifico?
JA: A livello di look/visual non ci abbiamo mai pensato sinceramente, non fa neanche per noi, nel senso che quello che vedete siamo noi. Può essere però che provenendo sempre dal mondo rock, punk, hardcore, si venga influenzati dallo stile, ma diciamo che a livello di action sports l’unico sono io, che vado sullo skateboard per divertimento. A livello di sport in generale io e Andrea siamo quelli legati al calcio dove possiamo dire che lì si, in qualche modo diamo da fare!

SD: Come è stato il 2019 dei Jx Arket? E come pensate sarà il vostro 2020?
JA: Il 2019 per noi è stato un anno complessivamente positivo. Abbiamo registrato questo secondo album e come sempre per una band è molto soddisfacente poter concretizzare in questo modo mesi e mesi di lavoro. In secondo luogo abbiamo firmato con la nostra nuova etichetta Antigony Records con la quale stiamo lavorando per raggiungere nuovi obiettivi e con cui speriamo di portare avanti al meglio il progetto. Quindi per il 2020 speriamo di riuscire a diventare diventare ricchi e famosi! (risate)

(Txt by Arturo Lopez x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

NEXT TIME MR. FOX – INTERVIEW

June 12, 2019 |

Come già detto nella nostra recensione, ‘Sunken City’ è sicuramente un ottimo esempio dell’evoluzione artistica del metalcore, ormai a tutti gli effetti dirottato su territory più metal oriented che in passato. I Next Time Mr. Fox sono riusciti a coniugare il tutto con intelligenza, scopriamoli quindi in questa intervista.
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2 minutes with Nyjah Huston

June 12, 2018 |

Impossibilitato a partecipare alla tappa londinese della Street League a causa di un infortunio, lo scorso fine maggio Nyjah Huston si aggirava fra gli spalti e nel backstage del Copper Box…

…con la consueta disinvoltura, consapevole che gli occhi degli appassionati e degli addetti ai lavori erano comunque tutti puntati su di lui. Ecco il resoconto della nostra breve chiacchierata con la stella per antonomasia del circuito skate professionistico (quattro minuti condivisi con un altro giornalista; in pratica, due minuti).

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SD: Che cosa comporta essere lo skater più famoso al mondo, in termini di pressione e stress? Capita di sentirti in qualche modo solo, al vertice della tua professione?

NJ: Non mi sento mai “isolato”: ho vinto molte gare e competizioni, è vero, ma il mio livello non è pazzescamente più alto di quello degli altri skater contemporanei. Oggi ho visto degli skater mostruosi gareggiare, per esempio… in generale, la gente che mi vede solamente attraverso i social media pensa magari che viva da rockstar ventiquattro ore al giorno, ma credo di essere una persona normale, un ragazzo che adora lo skate e che trova sempre il tempo per scambiare qualche parola con i fan, se capita.

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SD: Parlaci di Let It Flow: l’organizzazione non a scopo di lucro creata e gestita assieme a tua madre, con l’obiettivo di rifornire di acqua pulita e potabile le popolazioni in tal senso “svantaggiate”.

NJ: Lo scopo principale è quello di dare indietro un po’ di quello che abbiamo ricevuto; nella fattispecie, l’acqua. Essa è fondamentale per la vita sulla Terra, ma noi la diamo sempre per scontata o non ci pensiamo neanche. Per tante popolazioni africane e di altre parti del mondo non è affatto così, invece; gente che ogni mattino deve magari percorrere chilometri per rifornirsi d’acqua presso una sorgente più o meno sana. Sono stato personalmente in Etiopia, in India e ad Haiti e ho visto con i miei occhi quanto può essere importante riparare i pozzi e ripristinare un servizio idrico regolare. La felicità di molte persone dipende “solo” da quello. È un’“attività” totalmente diversa dallo skate, ma altrettanto gratificante.

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@nyjah

(Txt Angelo Mora; Pics Rigablood x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

Mad Caddies interview + biglietti omaggio!

August 14, 2017 | 1

Manca davvero pochissimo alla data milanese dei Mad Caddies, attesi il prossimo 17 Agosto per una unica data italiana al Circolo Magnolia di Segrate (Milano).

In collaborzione con Hub Factory abbiamo messo in palio un biglietto omaggio per il concerto, ma nel mentre siamo riusciti ad intercettare il chitarrista Sascha Lazor per un breve botta e risposta per prepararci al meglio a uno dei concerti più attesi per questo caldissimo mese di Agosto.

SD: La data milanese è ormai vicinissima, cosa possiamo aspettarci? Avete in serbo qualche sorpresa?
(Sascha Lazor): Siamo molto eccitati per la data di Milano. Sono passati molti anni dal l’ultima volta che abbiamo suonato dalle vostre parti. Il nostro set per questo tour sarà un mix di vecchi e nuovi brani. Sappiamo quali canzoni ottengono la migliore reazione in sede live e sono proprio le canzoni che ci piace maggiormente suonare. Nella setlist ci sarà quindi spazio per un po’ di tutto, pescheremo brani dal primo all’ultimo album.

SD: Ci giochiamo subito la domanda più attesa… puoi darci qualche news sul nuovo album?
(Sascha Lazor): Il nuovo album è in lavorazione! Abbiamo già registrato cinque canzoni e altri brani sono già completi e pronti per essere registrati. Sarà diverso dagli altri, come sempre. Punk / reggae / latino / pop. C’è un po’ di tutto.

SD: Avete sperimentato qualcosa di particolare per questo nuovo album: qualcosa di diverso e mai fatto prima? Modalità di approccio alla composizione? Sound?
(Sascha Lazor) Stiamo registrando le canzoni in modo da non avere limiti di tempo e libertà totale per sperimentare e provare idee diverse. Il tutto sta prendendo forma e sta venendo fuori davvero bene.

SD: Ripartendo dal vostro ultimo album ‘Dirty Rice’, ma in generale la vostra musica, è molto varia, da brani velocissimi a canzoni più lente: questa varietà di sound rispecchia anche i tuoi gusti musicali?
(Sascha Lazor): Ogni componente della band ha gusti molto diversi e penso che sia molto facile da percepire quando ascolti i nostri album. Siamo influenzati da tonnellate di musica e molto dei nostri ascolti influenza certamente le canzoni dei Mad Caddies.

SD: I Mad Caddies hanno superato la fatidica soglia dei 20 anni: c’è ancora qualcosa da depennare dalla vostra “lista dei desideri”?
(Sascha Lazor): Lista dei desideri? Solo suonare in nuovi posti, ad esempio non siamo ancora stati Argentina, Perù e Cile. Ci piace viaggiare in luoghi nuovi e il visitare nuovi paesi è la parte più gratificante di far parte della band, a mani basse!

SD: Qual è la tua opinione sul genere ska-punk/ska-core? Sembra che in questi anni la popolarità del genere sia andata su e giù, ci sono bands americane che ci vuoi segnalare?
(Sascha Lazor): Sai che non so davvero cosa risponderti, personalmente non ascolto più molto quella musica e quindi non posso davvero darti consigli su nuove band. The Interrupters è il primo nome che mi viene in mente, abbiamo suonato qualche data insieme. Potrei invece consigliarti qualche band reggae, ad esempio gli inglesi The Skints e Gentleman’s Dub Club, entrambe band incredibili. Dategli un ascolto!

SD: Grazie mille e ci vediamo a Milano, hai un ultimo messaggio per nostri lettori?
(Sascha Lazor): Cercate di divertivi ragazzi, sempre!

PER VINCERE IL BIGLIETTO OMAGGIO NON DOVETE FARE ALTRO CHE REPOSTARE LA LOCANDINA IN ALTO SULLA VOSTRA PAGINA INSTAGRAM TAGGANDOLA @saladdaysmagazine IN QUESTO MODO PARTECIPERETE ALL’ESTRAZIONE FINALE DI UN “FREE ENTRY PASS” PER LO SHOW DEI MAD CADDIES!

Punk Rock Raduno intervista agli organizzatori

June 24, 2017 |

Manca circa un mese alla seconda edizione del Punk Rock Raduno, 4 giorni di concerti, mostre e iniziative a Bergamo, divise tra il centro città e l’Edoné, una bella cornice open air,

dove sono garantiti anche 6/7 gradi in meno rispetto a qualsiasi afa estiva! Franz Barcella e Andrea dei Manges suonano, organizzano e promuovono da una vita, non è strano che questa fantastica idea sia venuta a loro.

https://www.facebook.com/punkrockraduno/
https://www.facebook.com/events/326114477759219/

SD: Siamo solo alla seconda edizione del Punk Rock Raduno e quindi mi sento ancora autorizzato a chiedervi: come vi è venuta l’idea?

[Franz] Chiacchiere tra amici. È partito tutto da me e Andrea. Io rappresento Otis Tours che è l’agenzia del suo gruppo, i Manges, cui ho fatto anche uscire qualche disco nel corso degli anni. Oltre che essere tutti grandi amici, io e Andrea avevamo iniziato anche a collaborare più intensamente per via della sua distribuzione e online store, Striped Music, che praticamente si prende cura di tutto ciò che faccio uscire. Guardando alla programmazione estiva di Edoné, il locale bergamasco che ospita l’evento, abbiamo iniziato a pensarci e quando è venuto a mancare il festival Monster Zero (dell’omonima etichetta austriaca) abbiamo proseguito con l’idea di fare un meeting che raccogliesse etichette, promoter e appassionati a noi vicini. Volevamo una specie di festa di fine anno, come lo è il Festival Beat per il mondo garage, dove ci si potesse divertire al di là dei gruppi che suonano, creare collaborazioni e fare pace se si era scazzato durante l’anno! Ci tenevamo che l’;evento fosse inclusivo ed “istruttivo” approfittando del fatto che le serate Edoné sono gratuite, sembrava una buona occasione per fare appassionare qualcuno. Come dice Fat Mike “il punk rock è la musica più figa di tutte”, è comprovato, ma talvolta manca di esposizione, spesso la gente ha dei preconcetti verso il punk rock dovuti alla moda o altro, ma se la si espone nel modo corretto, anche al do it yourself, molti posso ancora venirne attratti. Al di là del programma che pubblicheremo a margine, cosa sta per succedere al PRR 2017?

[Andrea] Quest’anno abbiamo cercato di espandere il programma, non solo facendo più live, ma cercando di creare più spazi in centro Bergamo, dove il pubblico del festival possa cogliere l’occasione per visitare la città e trovare piccole cose da fare o vedere fuori dall’Edoné. Ci saranno mostre ed eventi a tema punk a Bergamo, alcuni iniziaranno già da metà giugno. Poi viene il festival vero e proprio.

[Franz] Si parte già di mercoledì 12 luglio allo spazio Goisis con l’acustico di Dr. Frank e la presentazione di King Dork Approximately, il suo nuovo libro. Sarà una specie di “welcome party”. Giovedì 13 Luglio è la volta dei New Bomb Turks e l’inizio ufficiale del PRR, il venerdì è la giornata più particolare con le varie iniziative in centro città – dove abbiamo scelto quattro realtà affini dal punto di vista etico che ospitassero i loro eventi – e i concerti la sera, sabato tutto gratuito all’Edoné. La domenica, visto che lo scorso anno ci siamo arrivati come degli zombie, abbiamo optato per una giornata rilassante, pranzo tutti assieme, Punk Rock Yoga, l’Hangover Cup di calcio per finire con il mega schermo e la proiezione all’aperto del film ‘Gimme Danger’ in collaborazione con Lab80. Inizialmente pensavamo di fare meno giorni per questa edizione, ma ovviamente poi siamo finiti a farne di più e pure più intensi….

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SD: Come è stato recepito il concerto a pagamento dei New Bomb Turks, che è una novità per il festival e quasi anche per l’Edoné?

[Franz] Ne abbiamo discusso molto. Il primo anno è stato fantastico, è andato tutto bene, ma vorremmo crescere. I concerti gratuiti sono perfetti perché permettono di rendere fruibile la musica, ma ti obbligano a lavorare con budget piuttosto bassi. L’edizione 2016 è stata resa possibile dagli sponsor – dalle etichette all’Ostello di Bergamo – e dai gruppi stessi che sono arrivati per il semplice rimborso spese. Sono arrivati i Chixdiggit! dal Canada perché erano coinvolti in un regalo di matrimonio, gli abbiamo organizzato una settimana di tour e abbiamo fatto quadrare i conti. Anche quest’anno dobbiamo ringraziare la maggior parte dei gruppi che arrivano per il minimo indispensabile e anche le band più piccole che spesso vengono a loro spese, l’evento può funzionare in quel modo grazie alla grande collaborazione che abbiamo trovato. Ci teniamo che il festival rimanga gratuito o comunque molto accessibile e molti sono tuttora sorpresi del fatto che lo sia. Vorremmo allargare anche i confini musicali, in questo senso il PRR nasce attorno al cosiddetto Ramones-core, ma già quest’anno la collaborazione con Mazza (No Reason Records & Booking),
Corner Soul e altri va in questo senso. Non vuole essere un festival strettamente di genere, vorrebbe essere un festival di punk rock do it yourself allargato a suoni vicini. In cui tutti si sentano un po’ a casa.

SD: Avete mai pensato a un kickstarter per il PRR?

[Franz] Da una parte è una cosa figa, io stesso ho contribuito ad un paio di progetti, ad esempio a quello dello stesso Andrea per la realizzazione di due singoli dei Veterans. Dipende ovviamente da come lo si fà, ma sfruttato bene e con la giusta consapevolezza è uno strumento interessante. Dall’altra parte però in me resta sempre viva quest’etica per cui le cose devi fartele da te. Se mai avessimo la possibilità di portare al PRR i Jawbreaker o gli Screeching Weasel, potrebbe essere divertente lanciare un crowdfunding, ma non sarebbe mai la condizione vincolante per farlo accadere. Il bello del PRR è proprio che non sta alle generiche regole o vincoli di un’organizzazione da festival e se qualcuno vuole contribuire può donare anche ora tramite il sito, può comprare la compilation online, il vinile o il merchandise.

SD: C’è una ragione per cui si chiama raduno e non festival?

[Franz] Manuel Cossu, batterista dei Manges, ha suggerito il termine “raduno”, all’inizio suonava strano ma descrive bene l’evento e suona esotico agli stranieri! Descrive meglio l’idea della collaborazione che ne sta alla base. Ti faccio un esempio, c’è una disegnatrice di Bergamo che a titolo personale ha fatto dei segnalibri dedicati ai Ramones per chiunque abbia prenotato l’ostello e queste cose arricchiscono il raduno. Lo scorso anno è nata spontaneamente una fanzine del PRR che viene replicata anche quest’anno ancor più approfondita ed io stesso non so nulla di questa cosa. Queste cose esulano dal business. Fanno sentire tutti partecipi, distruggono le barriere tra organizzazione, band e pubblico.

[Andrea] L’età media dei punkrockers si è alzata tanto. Molti appassionati hanno figli, impegni, e non riescono ad andare spesso ai concerti delle rispettive città. Quindi per unire chi ancora si sbatte e farlo incontrare con chi è più comodo e prendere 3/4 giorni per stare a Bergamo e vedere tutti insieme un sacco di bei gruppi, si fa il raduno. Sperando di riaccendere la passione di tanti e risvegliare anche le scene locali, per far andare meglio le cose a chi si fa il mazzo durante tutto l’anno. Bergamo è una città che in questi anni sta offrendo tantissimo, farlo qui è stata una scelta naturale.

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SD: A poco più di un mese, quanto spazio prende il PRR della vostra giornata?

[Andrea] Da quando abbiamo deciso di fare la prima edizione, ovvero a primavera dell’anno scorso, non abbiamo più smesso di lavorarci! Per fare un bel lavoro bisogna dedicarci tutto l’anno e la speranza è che ogni edizione faccia da trampolino di lancio per l’anno successivo. Al momento è una mole di lavoro enorme… ma già quest’anno stiamo lavorando più veloci dell’anno scorso ed ogni cosa che impariamo la potremo replicare l’anno successivo con molti meno sforzi.

[Franz] Tanto. Tantissimo. È un incubo se guardi alle ore che ci devi dedicare, anche perché non ci tiriamo mai indierto davanti a niente. Giusto per farti un esempio: a fine festival, l’anno scorso, alla fine di tutto io ed Andrea ci siamo ritrovati su un tavolo di Edoné alle due di notte, per tirare un pò le somme. Abbiamo preso una penna ed un foglio di carta, e ci siam detti “ok, cosa facciamo l’anno prossimo? Partiamo subito!”. Non è qualcosa che dobbiamo fare, è che siamo proprio contenti di lavorarci. È allo stesso tempo fatica, piacere, ma anche tanta soddisfazione ed orgoglio.

SD: Qual è la cosa che vi terrà sulle spine fino all’ultimo?

[Franz] L’alloggio dei gruppi, le tempistiche ed il meteo!

[Andrea] Franz Barcella!

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SD: In ambito festival, avete dei riferimenti personali cui paragonate il PRR?

[Franz] In Europa manca un festival di riferimento sul genere e ci piacerebbe esserlo. Il problema è che un evento simile puoi farlo da appassionato o per business e in quest’ultimo caso subentrano agenzie, numeri, biglietti, che è anche giusto, ma vorremmo mantenerlo a un livello in cui tutto ci piace. In Europa sono un grande fan del Festival Beat, che si concentra sul creare un piccolo mondo tutto legato all’evento e Bergamo sotto questo punto di vista si presta bene. È una citta in espansione, ha una bolla di concerti e attività incredibile, la Portland italiana come dice qualcuno, c’è l’aeroporto che è fondamentale, non sono tantissime le strutture recettive ma sono ben disposte verso di noi. Una cosa che tengo a dire è che le risorse di Edoné, tra la qualità del cibo, le postazioni
del bere, l’entusiasmo dei collaboratori, sono superiori a molti festival che vedo in giro.

[Andrea] Non credo abbia senso imitare gli altri eventi punk rock che ci sono in Europa. Il Punk Rock Raduno ha una identità propria. Sì, il Festival Beat di Salsomaggiore può essere una bella fonte di ispirazione, sarebbe fantastico raggiungere un simile status con il raduno.

SD: Franz, Bergamo Sottosuolo, con cui organizzi altri concerti, ha avuto uno spinoff veneto. Nessuno vuole il PRR in franchise?

[Franz] Son sicuro che qualcuno potrebbe volerlo, anche se non abbiamo ancora avuto richieste! Forse perché, per usare un termine calcistico, siamo i classici giocatori “bandiera”, quelli che ormai non esistono più. Non pensiamo al miglior offerente, perché nulla di quello che facciamo è in vendita.

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SD: L’idea del Punk Rock Holiday, di far suonare gruppi “nuovi” che abbiano partecipato all’edizione precedente come pubblico, la condividete?

[Franz] Non so se mi spingerei al punto di renderla una regola ma la condivido dal punto di vista etico, con BG Sottosuolo facciamo una cosa simile per i gruppi locali, chiedendo che chi vuole suonare ci porti il materiale durante una qualsiasi precedente serata. L’idea di essere sfruttati non ci piace.

SD: C’è qualcosa che vi rende particolarmente fieri del PRR 2017?

[Andrea] Sono colpito dai tanti che si offrono di aiutarci, dalle bands che non vedono l’ora di esibirsi, dagli amici che ci supportano continuamente e in generale la nostra scena che ha capito quale fosse lo spirito della nostra iniziativa e la sta facendo propria. Sono contento che si sia capito che non stiamo vendendo un format a nessuno, stiamo creando una piattaforma per dare spazio ad una nicchia musicale che per varie ragioni non si era ancora tolta la soddisfazione di avere un pò più di attenzione addosso.

[Franz] I concerti in centro città, le esposizioni, ed in generale la scaletta dei gruppi. C’è anche la storia di Dr. Frank dei Mr. T Experience che è abbastanza divertente, lui ha suonato nel medesimo posto in cui si trova l’Edoné, quando era semplicemente un parco che ospitava la festa di Mellow Mood. Nel 2006 era stato chiamato a suonare a sorpresa a un matrimonio a Monza e lo avevamo inserito senza fare promozione anche nella festa qui a Bergamo ed è rimasto un concerto mitico costruito sul passaparola. È tornato poi a suonare nella saletta dell’Edoné e quest’anno torna con i Mr. T Experience e farà un set specifico per il PRR. Prendono il posto dei Queers che hanno cancellato l’intero tour, sai che i miei grandi desideri nella vita erano Queers a Bergamo e Atalanta in Europa…

SD: Quando riuscirai a coniugare punk rock e Atalanta?

[Franz] Ah ah, in un certo senso, sono già due realtà vicine. Anche Manuel dei Manges è tifoso dell’Atalanta, i Manges han suonato alla festa della Dea diversi anni fa, ma soprattutto il mondo ultras non è poi così distante dal punk rock: ci sono le fanzine, l’;autoproduzione, l’organizzazione di feste… Sono due mondi che uniscono, creano aggregazione, riempiono vuoti. Se invece parli della società Atalanta, non credo sia una cosa vicina a noi, o che ci avremo mai a che fare…

SD: Qual è il sogno proibito del Punk Rock Raduno di Bergamo?

[Franz] Il mio sogno sono i Rancid. Sarebbe il cerchio che si chiude, soprattutto per Bergamo. È ovviamente impossibile, ma di sogni ne abbiamo realizzati tanti!

[Andrea] Io più realisticamente vorrei che l’amico CJ Ramone tornasse a Bergamo per una delle prossime edizioni del Raduno.

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(Txt Marco Capelli x Salad Days Mag / Pics Stefano Bevilacqua – All Rights Reserved)

Soulburn interview

May 29, 2017 |

I deathster Soulburn non si possono di certo definire prolifici ma la pubblicazione di ‘Earthless Pagan Spirit’ a soli due anni dal precedente lavoro…
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Mark Stern x Punk Rock Bowling full interview

May 9, 2017 |

PRB is a 3 day festival in Downtown Las Vegas created in 1998 by Mark and Shawn Stern of BYO Records and Youth Brigade. The headliners of this 2017 edition are Iggy Pop, Bad Religion and Cock Sparrer! I had such an amazing time two years ago when I went – between shows, bowling, pool parties and lots of drinking, I even won some money! – so I can’t wait to be back this year! If you don’t know the festival yet I hope this interview will make you want to check it out soon. Trust me, you won’t regret it!

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Diana Spaghetto: This is PRB 19th year. How did the idea of PRB came about in 1998? Were bowling tournaments something you guys were already doing with friends in other bands and punk rock labels and decided to turn that into a whole festival experience?

Mark Stern: In 1998, we started a small bowling tournament in Santa Monica with a bunch of labels and bands. Epitaph, Hopeless, BYO, I think Nitro had a team and some others, probably about 40 of us. We heard Fat Wreckchords were also doing a league in San Francisco, so we decided to all meet in Vegas for a bowl off. Kind of like a punk rock convention, hanging out with bands and labels that we all worked with and only saw once in a while. We had 28 teams total the first year at The Gold Coast Casino. We all stayed there, bowled, gambled and we threw a few shows. The awards party was at The Double Down Saloon which is a small punk bar near the airport, and I believe it was one of Me First and the Gimme’s first shows. That little bar was packed and everyone had such a great time that we decided to do it again the next year. Well, word spread about this crazy weekend and before you know it, we had sold out the 2nd year with over 60 bowling teams.

Diana: Wow that’s more than double the teams you had the first year!

Mark: Yeah! So after that, we started having waiting lists to get a team. If you were a band or label that had a team from the previous year, you got to keep your spot until a cut off date. If that team didn’t register, then we opened up the spot to the waiting list. Soon the waiting list got so big that we started doing 2 squads of bowling and then 3. We now have over 800 bowlers and use 3 different bowling centers that we shuttle everyone to from downtown. Bowling happens before the festival starts, so it doesn’t conflict with going to any shows.

Diana: I think the idea is so clever. Not only bowling and punk rock go together perfectly but it’s also a very nice way to hang out with your friends and meet new people in a total different environment than a regular music festival. What are the labels that usually take part in the tournament?

Mark: These days we don’t have as many labels taking part since it got bigger and we’ve opened it up to the general public. The festival and the shows are more of the focus now, but we still have the core bowling teams coming back to take part. Epitaph still comes, Fat and BYO still have teams (although I don’t bowl on it anymore because I’m too busy with the fest). We’ve got some newer labels participating as well and a lot of bands too.

Diana: So anyone can participate now.

Mark: Yes, now it is open to everyone to bowl. We do have a screening process to weed out professional bowlers as they like to try to get in on the tournament to win some of the prize money which is somewhere around $10,000. But if you want to bowl, you can just get 4 friends together and sign up on our site. once everyone has been screeened and accepted, then you just register and pay and show up and bowl!

Diana: What’s the team that has won more tournaments in the history of PRB?

Mark: Actually Epitaph has won the most. Originally since none of us are real bowlers, we all just bowled and whoever had the highest team score placed accordingly. The top teams went to a playoff elimintation round the 2nd day until there were 2 teams left for the championship match. We didn’t have a handicap system so it was just scratch bowling. Epitpah were the best bowlers of our whole event, so they would win more often. My label BYO lost to them in the championship one year by 1 pin, that was exciting. After 2 years I believe, the bowling alley told us to implement a handicap system to make it more fair to the bowlers that weren’t as good. After we did that, then it was anyone’s game. It’s much more fair with the handicap system because if you aren’t a good bowler and have a huge handicap, then bowl a fluke of a great game, it really puts you in the position to do well.

Diana: Can you share your favorite memory, crazy moment, funny situation, something memorable that has happened at one of the PRB events?

Mark: Wow, there are so many (and some of those Vegas moments can NEVER be shared). The time the guy who was all fucked up crawled out his hotel window at the El Cortez and ran across the roof above the valet which is made of glass and the whole thing shattered and he fell through into the valet. Went to the hospital to get 26 stitches in his head and was back at the festival in the pit within a few hours. Then there was the time when a guy (not with PRB) had a suite at the hotel and charged it to his grandmother’s credit card. Got drunk and passed out in the tub with the water running. It overflowed and flooded out every suite in the 3 floors below him.

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Diana: His grandma must have been very happy!

Mark: Hahah yes I’m sure! And about the bowling… when we used to stay at Sams Town and have all our bowling there, the 3rd squad of the day was always more of the “party” crowd who didn’t take bowling as seriously. A lot of them would dress up in costumes, Davey from Tiltwheel dressed up as a banana, there was a rabbit, guys with trombones that would blow them when you were about to bowl, people sliding down the lanes holding on to the ball, total shit show.

Diana: Is there any band that comes every year to play the club shows or the festival as a tradition?

Mark: We actually try to not repeat bands until 2 or even 3 years so the lineup doesn’t become redundant. Once in a while we do, but it’s my goal to not repeat. After that first year that The Gimme’s played the awards party, we started getting Manic Hispanic to alternate years with The Gimme’s for the awards party and soon it was just Manic Hispanic every year to close things out. Now we’ve been having Punk Rock Karaoke close out the weekend at a club show. It’s usually the only club show we do on the last night so everyone can get together and get up on stage and sing their favorite songs to end the weekend. It gets pretty crazy at those shows and it’s almost like summer camp where no one wants to go home no matter how ruined they are from the weekend festivities.

Diana: Last year a second PRB in Asbury Park was added and this is the second year. What made you decide to add a June date, with a different line-up and why in NJ?

Mark: Well we just knew that a lot of punks that live on the East Coast would never be able to afford to come all the way across the country, get a hotel, buy a ticket, etc. so we wanted to try an East Coast version to give those people a little bit of the experience from Vegas. It will never be exactly the same because of curfews, etc. but Asbury Park has a lot going on and we still do late night club shows. This year we are hoping to do pool parties there as well as movie screenings, art exhibit and some other ideas are in the works. Last year was a huge success so we are trying it again this year with what I think is an awesome and more diverse lineup. If people come out and support the event then we have every intention of coninuing to build on it. We picked Asbury Park because it’s right by the ocean, it’s summer, it’s kind of easy to get to for a lot of people in the surrounding cities.

Diana: Are you guys planning on adding more cities to the festival in the future?

Mark: We did some big club shows in Denver last year and are about to announce Denver in the next few days with some great PRB club shows, but beyond that, we won’t do any more cities.

Diana: How did you guys manage to keep the spirit of the festival so diy and “for the people” during the years? It’s really a festival that for me embodies the spirit of “from the punks to the punks”. It’s accessible, affordable and you see old punks, families, and young punks all together. From hardcore, to punk rock to Oi! it’s really a festival with a perfect line-up that brings all the punks together.

Mark: Well it ain’t easy!! Hahaha! We have a great team that we work with for all aspects of the festival. Everyone is involved with punk rock and it’s a part of their life so we all have the same vision when putting this whole thing together. Obviously our prices are dictated by the cost of the bands and production, so that is something that is always a challenge, but wherever we can control prices, we try to keep them down as best as possible. We aren’t out there to price gouge people and try to get discounted hotel rooms to offer, keep the ticket fees down compared to other festivals and most importantly keep the drink prices down and serve drinks that people actually want. Our bar prices at the festival are probably 1/2 what other festivals charge. We want people to be able to enjoy themselves and it’s a long weekend so we try to be as accommodating to that as possible. We also do quite a few free events and try to reward the people who support the festival (which is what enables us to do all the other events) with priority entrance for the free events, etc. Because without the support of the PRB audience, we would not be able to put this whole thing together for 19 years.

Diana: Thank you Mark for the interview! Anything else you want to add for people who will be attending the festival for the first time?

Mark: If you have never been to PRB in Vegas, I think it’s a great festival to experience. Sign up for a team, come to the festival, the pool parties and just jump in and see what it’s all about. We usually sell out so now is the time to make your arrangements because it’s a holiday weekend and hotels start filling up right around now. If you live on the East Coast, make the trek to Asbury Park. There are some great hotels within walking distance of the festival, it’s right by the beach and is always a good time.

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https://punkrockbowling.com/

(Txt by Diana Spaghetto x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

AIRBOURNE INTERVIEW

April 18, 2017 |

Se cercate dell’onesto, fottuto e ubriachissimo rock’n’roll l’Australia è il paese che fa per voi!
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Mecna interview

February 11, 2017 |

A sorpresa, il 13 Gennaio è uscito ‘Lungomare Paranoia’, terzo lavoro di Mecna, all’anagrafe Corrado Grilli.

Dopo ‘Disco Inverno’ del 2013 e ‘Laska’ del 2015, in questo nuovo album l’artista (rapper sarebbe riduttivo) foggiano torna a rivelarci la sua intimità in modo diretto e sfacciato, con una sincerità quasi disarmante sulle produzioni di Iamseife, Lvnar, Nude e Godblesscomputers solo per citarne alcuni. Abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con lui…

SD: Osservando il disco di ‘Lungomare Paranoia’ le prime cose che mi vengono in mente sono ‘Lil Boat’ di Lil Yachty (la copertina) e ‘Hotel Paranoia’ di Jazz Cartier (il titolo): sono solo richiami infondati o hai voluto creare un parallelo?

M: Ah si? Ma io non ho mica quelle treccine rosse. Scherziamo?

SD: ‘Lungomare Paranoia’ esce a quasi due anni esatti di distanza da ‘Laska’. Com’è avvenuta la sua gestazione (per ‘Laska’ ti eri ritirato in Norvegia) e la decisione di farlo uscire senza alcun preavviso?

M: Questo disco è nato in maniera molto facile, forse più facile dei precedenti. Ho scritto in pochi mesi, mi si è materializzato subito davanti. La scelta della release a sorpresa era quasi d’obbligo, ero sparito da tutti i social non per strategia ma perché non mi interessa postare selfie per dire “sto andando in studio”, lo trovo poco interessante.

SD: La sperimentazione e la commistione di generi è ormai sempre più forte nei tuoi dischi, probabilmente figlia dei tuoi ascolti: ti senti soddisfatto delle collaborazioni di ‘Lungomare Paranoia’? Le hai scelte tu o ti sono state proposte?

M: Questa cosa di mischiare i generi è una cosa che ho sempre cercato di fare, forse più vado avanti e più mi è facile trovare collaboratori all’altezza. Ho sempre ascoltato un sacco di roba (che non vuol dire “tutto”) e mi hanno sempre affascinato le contaminazioni, quindi per forza di cose i miei pezzi rispecchiano quest’entusiasmo. Tutti i producer di ‘Lungomare Paranoia’ sono stati degli ottimi alleati per costruire queste sonorità e sì, li ho cercati io, ma con quasi tutti c’è un rapporto di amicizia e stima, quindi è stato facile.

SD: Quanto è importante il tuo rapporto con Seife? E con i ragazzi di Blue Nox?

M: Seife è uno dei miei migliori amici e il momento in cui ci siamo conosciuti è coinciso con il momento in cui io stavo cercando dei suoni nuovi, che neanche a farlo apposta lui aveva. Ci siamo subito trovati, poi di lui mi piace che se ne frega di produrre tutti e tutto, fa pochissime cose e solo quando è ispirato, senza stress. Con i ragazzi di Blue Nox c’è sempre un ottimo rapporto, ci vediamo spesso e ci confrontiamo, forse non come prima perché le vite di ognuno cambiano ed è normale che sia così, ma ci vogliamo bene, siamo stati essenziali l’uno per l’altro e questo credo sia una cosa che ci legherà sempre.

SD: Sono un fan di Frank Ocean e con te mi capita spesso di cogliere citazioni estetiche sue. Che ne pensi di ‘Blonde’? Hai comprato anche tu il suo magazine Boys Don’t Cry?

M: ‘Blonde’ è un disco stupendo. La fanzine ce l’ho, forse ci sono troppi uomini mezzi nudi ma è una bomba.

SD: ‘La Pagherai’ e ‘Nessuno Ride’, pezzi non contenuti in nessun disco, sono solo frutto di guizzi d’umore temporanei, riempitivi tra un disco e l’altro oppure tracce che alla fine non sono state incluse perché considerate b-side?

M: E’ raro che io abbia dei pezzi che non inserisco negli album, quindi si, questi due che hai citato sono stati scritti e composti in momenti morti tra un disco e l’altro. Questo perché quando faccio un disco non sono uno che fa sessanta brani e poi ne sceglie dodici, proprio perché quando scrivo è per dire qualcosa.

SD: Come è stata scelta tutta l’estetica del video di ‘Nessuno Ride’?

M: Ho lasciato carta bianca a Martina Pastori, regista con cui abbiamo lavorato spesso e che ora sta firmando alcuni tra i videoclip più belli.

SD: ‘Kryptonite’ è forse il tuo pezzo che preferisco: chi ha provato a copiartelo?

M: Il video? Beh, un po’ di persone. Credo sia stato uno dei video che hanno segnato la svolta nell’estetica di molti artisti italiani, e lo dico non per vantarmi. Se riguardi quel video, non puoi non rimanere colpito soprattutto pensando che è uscito nel 2012. In questo Ludovico e Sami, i registi, hanno fatto una roba veramente degna di nota.

SD: Trovi difficoltà come persona e come artista nel raccontare le cose tue più intime e non inventare magari storie in cui comunque chi ti ascolta possa riconoscersi o ritrovarsi?

M: Per me sarebbe proprio difficile fare come dici tu. Cioè per me non è difficile raccontare le mie cose, lo sarebbe molto di più inventarle.

SD: ‘Disco Inverno’ è stato il tuo album di debutto, ‘Laska’ invece quello della maturità. Come consideri o come vorresti fosse visto ‘Lungomare Paranoia’? Come sono cambiati Corrado e Mecna?

M: Io continuo a non trovare grosse differenze tra questi tre dischi, a livello di attitudine. Sono cambiate le sonorità, è vero, ma meno male perché fare i dischi uguali non porterebbe da nessuna parte. Io vedo la musica come qualcosa che ti aiuta a crescere, ed è normale che io cresca facendola. Quindi sia Corrado che Mecna sono cresciuti insieme, con la differenza che ora hanno più controllo del mezzo espressivo.

SD: Pensi sia più facile e più alla portata di tutti fare rap al giorno d’oggi rispetto a quando hai iniziato tu? Cosa ne pensi delle nuove leve? Hai qualcuno da consigliarci in particolare?

M: Penso sia più facile arrivare alla gente, quello si. Ci sono i social, le sponsorizzazioni, Youtube. Prima tutte queste cose te le dovevi guadagnare con calma, io ho dovuto fare così e mi è piaciuto perché mi ha aiutato a stare sempre con i piedi per terra. Le nuove leve secondo me sono una boccata d’aria fresca che si è imposta su una scena che ha sempre bacchettato tutto e tutti, non riuscendo mai veramente ad esprimersi. Quindi è anche grazie a questo movimento che c’è adesso se potranno emergere realtà diverse tra loro e sempre più contaminate, perché l’hip-hop degli anni 90’ era figo… negli anni ’90.

SD: Oltre all’aspetto musicale, noto come tu abbia gusto e ricercatezza nel vestire. Quali sono i tuoi riferimenti in campo di moda?

M: Non ho dei veri e propri riferimenti, però ho sempre amato essere stiloso. In questo preciso momento mi piace la roba senza scritte o loghi enormi, anni fa uscivo pazzo per Supreme e tutta quella roba là, quando dovevi andare a New York per prenderla. Ora la fanno anche a Barletta (ride).

SD: Non voglio rievocare fantasmi del passato, ma raccontami del tuo esame di Final Cut in rima…

M: Ah, merda. Eh, si nella scuola che ho fatto per imparare ad usare i programmi di progettazione grafica, c’era anche il corso di Final Cut. Il professore ci aveva detto di provare ad applicare in un video tutto ciò che ci aveva spiegato, e che il tema doveva essere “l’imprevisto”. Quindi se ci pensi è stata una mega paraculata, però presi 30 e lode e il professore impazzì, bloccando l’esame degli altri e chiamando altri alunni e colleghi in aula per mostrarglielo.

SD: In questo mondo dove pure innamorati pazzi non regaliamo fiori, tu sei ancora quello che compra una rosa dai tipi delle rose?

M: No, ma mi piace sorprendere chi vale la pena di essere sorpreso.

SD: Qui su Salad abbiamo una rubrica chiamata Mixtape, dove chiediamo ad un artista di scegliere cinque pezzi (tra i suoi preferiti del momento o di sempre, senza un particolare ordine): dimmi i tuoi…

M: Senza dubbi ti dico tutto quello che gravita attorno a 070 Shake. Non sto ascoltando altro ormai da un paio di mesi.

SD: Grazie del tempo che ci hai concesso, Corrado.

https://www.mecnamusic.com/
https://it-it.facebook.com/mecna/
@mecna

1041 © Mattia Buffoli

(Txt Fabrizio De Guidi, @fabriziodeguidi; Pics Mattia Buffoli)

Nasty Farmers interview

March 13, 2016 |

Il frontman Matteo Coletti ci introduce nel magico mondo Nasty Farmers, progetto capace di cambiare totalmente i propri connotati passando dall’essere una buona realtà stoner band a un’ottima garage band.
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Midrake interview

February 15, 2016 |

I Midrake sono una punk rock band anomala, è difficile dargli un posto di provenienza, i vari membri si dividono infatti tra la Svizzera ed il Colorado, nonostante questa improbabile provenienza geografica e le difficoltà che ne conseguono hanno realizzato nel 2015 un ottimo disco punk rock per la celeberrima Monster Zero Records. Sfrutto il fatto di essere in tour con loro per fargli un’intervista.

SD: Ciao ragazzi, siete un giro nel punk rock da un bel po’ di tempo ma Midrake è un progetto relativamente nuovo, volete presentarvi per chi ancora non vi conosce?
M: Certo, come hai detto tu in modo carino, da un bel po’ effettivamente vuol dire che stiamo andando verso la calvizie. Con il grande vantaggio che ci conosciamo tutti da oltre 15 anni e che abbiamo già suonato insieme in altri progetti, diviso palchi e pavimenti. Eric suona il basso e con lui ho suonato in un gruppo per un decennio, si chiamava the Plus Nomination. All’epoca avevo un’etichetta che si chiamava Floppy Cow Records sotto la quale facevamo anche uscire un gruppo di ragazzini dell’est della Svizzera che si chiamava The Masked Animals, punkrock alla Screeching Weasel e Queers per dire. Il cantante di quel gruppo era Marco, nostro cantante chitarrista. Non sapevo che Marco si fosse trasferito a Berna e ci siamo visti per caso in un locale incontro brevissimo perché lui era già vicino al collasso alcolico. Pero’ in seguito abbiamo deciso di tirare su questo progetto che poi da progetto è diventato il gruppo attuale.

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SD: Come è nata la collaborazione con Chris dei The Gamits, e soprattutto com’è avere un batterista ad un continente di distanza?
M: Per finire la presentazione ovviamente non può mancare Chris, che letteralmente ci ha salvato all’inizio. Praticamente appena deciso di fare il gruppo abbiamo prenotato lo studio di registrazione (questo e i primi concerti li abbiamo organizzati senza avere ne un nome ne una singola canzone scritta). Il primo batterista ci ha mollato un gran pacco poche settimane prima. Da tempo suono anch’io nei Gamits ed ho anche un altro progetto con Chris (Dwayne – Paper + Plastik), quindi inizialmente c’era l’idea di farlo venire per produrre le registrazioni, ma poi visto la mancanza di un batterista ha detto: “Beh, mi devo allenare un po, ma se volete la suono io!”. Ci sballiamo tutti quanti per come va e siamo molto contenti per come si è formato il gruppo! Ovviamente la distanza non aiuta molto, ma ormai ci basta una prova veloce per suonare, quindi Chris viene a suonare quando riesce. Per fortuna lui vola quasi gratis e così è un progetto che ci possiamo anche permettere a livello economico. Sembra tutto impegnativo ma alla fine è più fattibile di quanto si possa pensare! Abbiamo anche un batterista svizzero che si chiama Yannick che ci aiuta per concerti last minute o quando Chris ha altri impegni.

SD: Siete usciti per Monster Zero Records più che una etichetta discografica ormai la si può considerare una grande famiglia?
M: Esatto! Appena formatosi il gruppo abbiamo fatto una gita ad un Monster Zero Mash (che in Italia negli ultimi due anni si è svolto a Bergamo) e visto l’affetto per la musica e la birra per noi era chiaro che la prima copia del disco registrato sarebbe stata mandato alla Monster Zero. Per fortuna il buon Kevin dopo il primo ascolto ci ha dato il benvenuto alla famiglia allargata. Allargata poi in tutti i sensi che oltre alla collaborazione con Kevin e Kim ed i gruppi stessi, la Monster Zero ormai per tante persone ha anche l’effetto “sigillo di garanzia” come magari lo è stata la Lookout per tanto tempo. Tanto che per esempio l’ultimo tour di CJ Ramone aveva come gruppi di spalla quasi solo gruppi Monster Zero!

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SD: Tu Michael giri molto il mondo e spesso sei in Italia, come vedi la scena punk rock nella nostra nazione, come siamo messi in confronto al resto dell’Europa?
M: Direi piuttosto bene e sicuramente in ascesa di nuovo. Abbiamo suonato con un sacco di gruppi fighi in Italia, con la novità che suonano anche bene a livello tecnico e c’è una scena che quando suoniamo ci da sempre un benvenuto affettuoso. Questo risveglio vale anche per me stesso, pur suonando sempre un pò in giro, c’era un periodo in cui mi ci sono voluti un pò di anni per riprendere la grande passione per suonare ed ascoltare il punkrock. Ancora in Italia non siamo ai livelli fine anni’90 / primi 2000, ma a differenza io oggi percepisco anche una mente più aperta rispetto all’epoca, forse più curiosità ed evidentemente più maturità. Anche nell’essere scemi eh! Per esempio noto che chi si sballa prevalentemente più con il classico Ramones-core magari in noi apprezza le cosine che appunto non c’entrano tanto con il genere così amato. Cose che prima erano impensabili hehehe.

SD: Recentemente ho avuto il piacere di stare in giro con voi per alcune date in Svizzera, devo dire che ho visto un’ottima risposta ai concerti punk rock, sono stato fortunato io oppure pare sia un buon momento per il genere nel vostro paese?
M: Fondamentalmente trovo la Svizzera un paese un pò noioso. A viverci si diventa comodi per motivi evidenti, però quando posso far vedere i posti fighi a gente che viene da fuori come quando sei salito tu, allora si riapprezzano molte cose che nel giro quotidiano magari uno non tiene in considerazione. Quindi devo dire che hai ragione, anche qui sentiamo più passione ultimamente! Certo che è sempre difficile organizzare concerti DIY, soprattutto a Berna, ma visto l’interesse magari in futuro cambia qualcosa. C’è sempre la gente che si lamenta ma poi sta a casa perché sta meglio sul divano, ma è anche un problema più della generazione over 30 credo, meno male che ci sono i pischelli che si danno da fare!

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SD: Nel disco la canzone che preferisco è ‘Eternal Jetlag’ il testo è autobiografico?
M: È il perfetto esempio di un testo, il cui concetto ci è venuto in mento facendoci due risate in saletta, che alla fine può sempre l’apparenza di essere un pò debole, ma che in fondo provoca reazioni reali perchè è facile interpretarci stati sentimentali propri. Per essere sincero, tutto ciò non era previsto, ma è stato un colpo fortunato. Io per esempio mi ci vedo come lo senti tu Canth, una malinconia nel viaggio, magari un viaggio che non finisce mai, in cui ci si diverte, ma che è anche seminato di solitudine, però per Marco è completamente diverso. Lui è mezzo indonesiano e spesso significa essere “cinese” qui (ho letteralmente visto gente chiedere “no, ma veramente, da dove vieni?” al suo dire che è di San Gallo). Quindi non è mai veramente a casa e di conseguenza gli viene anche il jetlag eterno.

SD: Progetti per l’immediato futuro? Tour, disco nuovo, che possiamo aspettarci da voi a breve?
M: Stiamo cercando di aggiungere delle date per la primavera e spero di tornare in Italia entro la fine di Marzo, Chris compreso. Abbiamo un paio di tour in programma che vorremmo cercare di fare, ma è possibile che ci mettiamo prima a scrivere il secondo disco. Siccome funzioniamo soltanto con le deadlines veramente severe, direi che si va a registrare entro autunno.

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Txt & Pics by Andrea “Canthc” Cantelli x Salad Days Mag – All Rights Reserved

Be The Wolf interview

January 31, 2016 |

Con il debut album ‘Imago’ fresco d’uscita i torinesi Be The Wolf sono riusciti ad unire le sonorità made in UK e USA in maniera ottimale…
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Cayman The Animal interview

December 7, 2015 |

Dissacranti e innovativi i Cayman The Animal sono ormai da anni una realtà della scena hardcore punk italiana, in molti nel tempo hanno provato a dargli un etichetta o una città di provenienza senza per altro riuscirci, i Cayman sono imprendibili. A poco tempo dall’uscita del loro terzo disco ‘Apple Linder’ incontriamo Diego, voce della band.

Cayman The Animal (live)

SD: Ciao ragazzi e benvenuti, siete una band ormai da parecchio tempo, ma vuoi scrivere un paio di righe di presentazione per chi ancora non vi dovesse conoscere?
CTA: I Cayman the Animal nascono dalla volontà di Diego e Mics, finita l’esperienza con gli Ouzo nel 2009, di creare una band che riportasse l’hardcore old school ai tempi d’oro. Fallita miseramente questa missione dopo pochi giorni, i due chiamano a rapporto i fratelli Birindelli (la storia del punk romano). Dopo il primo concerto il quartetto Cayman diventa subito un quintetto aggiungendo il caro Robèrto (la storia del punk viterbese) nelle proprie file. Robèrto ancora oggi soffre molto di questo concerto in meno sulle spalle. Il resto è un bagno nell’acido.

SD: Un luogo comune su di voi è che siete una live band devastante, eh si mi sento di sottoscrivere anche io questa affermazione, vi preparate per i live in maniera particolare oppure la vostra forza è appunto la spontaneità?
CTA: I nostri live dipendono da molti fattori. Se decidiamo di mascherarci allora è facile e il live funziona da solo. Se invece suoniamo in borghese tutto dipende da cosa dice Diego al microfono tra un pezzo e l’altro (ha sempre il fiatone, si mangia le parole, è incomprensibile) e da cosa dice Mics (che però abusa di ironia e finisce che passiamo per sostenitori dell’Aids, dell’esercito italiano, del fantasma della Democrazia Cristiana, dei professori di matematica). A volte capita che ci auto sabotiamo e allunghiamo il finale dei pezzi, in modo da rendere più difficile l’applauso spontaneo del pubblico. Ancora non abbiamo capito perché lo facciamo. Come avrai notato è tutto molto aleatorio.

SD: Siete arrivati già al terzo disco, di solito il terzo lavoro per una band è il lavoro della maturità dopo le prime uscite iniziali, vi sentite arrivati a questo punto?
CTA: Abbiamo raggiunto la maturità una domenica di marzo di quest’anno, quando in shorts colorati, paradenti, caschetto e pattini ci facevamo malissimo per registrare il video di ‘Easy English’. Là, guardandoci negli occhi, abbiamo capito che ormai eravamo arrivati da qualche parte.

SD: A proposito del video di ‘Easy English’, come è nata l’idea e la collaborazione con il team di Roller Derby?
CTA: La capitana della squadra romana di roller derby è una nostra vecchia conoscenza, quindi la cosa è nata in maniera piuttosto spontanea. L’idea era quella di ribaltare il cliché del macho core, che troviamo insopportabile. Siamo più fan delle Bikini Kill che del New York Hardcore, insomma.

SD: Sento molte influenze differenti nel vostro ultimo disco, è un collage preparato oppure si può ormai parlare di stile alla Cayman The Animal?
CTA: Abbiamo tante influenze diverse ed è successo che ce ne hanno aggiunta qualcuna che non sapevamo. e’ il bello di fare musica: noi ci mettiamo il nostro e chi ascolta ci mette il suo. Una sorta di collage reciproco.

SD: Mi piace il fatto che date molta importanza ai testi pur scrivendoli in un’altra lingua, un pezzo in particolare è dedicato alle liriche scritte da Greg Graffin dei Bad Religion, ce ne vuoi parlare?
CTA: Sì, tengo ai testi come immagino ci tenga chiunque canti qualcosa con la propria voce. Scrivo da sempre in inglese perché mi viene più naturale, avendo comunque sempre ascoltato sopratutto cose americane. A livello espressivo mi trovo parecchio a mio agio così e non mi metterò a scrivere in italiano (come spesso mi viene “intimato” ahah). Prima di tutto perché ammetto di non esserne capace e scriverei dei testi molto brutti. Il secondo motivo è che a questo punto mi sembrerebbe una bella “paraculata”. Ci è anche stato detto di scrivere in un inglese più facile (!), così le persone si imparano le parti anthemiche e ai concerti le cantano. Su questo ovviamente abbiamo subito scritto una canzone (‘Easy English’), facendoci beffa delle frasi fatte hardcore che ci tormentano da una vita, come l’intramontabile “we stand still”. Il testo di ‘Bad Religion­ Italian Dictionary’ è stato divertente da scrivere. Parla della difficoltà che abbiamo avuto da adolescenti nel cercare di tradurre i testi dei Bad Religion, che ci impressionavano per la loro complessità, soprattutto rispetto alle altre cose punk rock che ascoltavamo. “Aó, il cantante dei Bad Religion è LAUREATO! Fa il PROFESSORE!”.

SD: Tu Diego sei nella “scena” italiana ormai da parecchio tempo, con i tuoi occhi esperti come giudichi il periodo attuale?
CTA: Il concetto di scena è un grosso cliché della scena stessa. Parafrasando Totò in “cosa sono le nuvole” potrei dire che la scena appena la nomini non c’è più. E però è anche la caratteristica che più ci piace del punk. Intendo l’aspetto comunitario, il sentirsi parte di qualcosa che va oltre te stesso, l’essere comunque una controcultura anche in questi tempi difficili, fare cose che appaiono incomprensibili alle persone comuni. Tutto questo ha sempre un grande fascino, non c’è niente da fare.

SD: Venite da città diverse, questo per voi rappresenta un problema oppure è uno stimolo? Come fate ad organizzarvi per provare e fare i pezzi nuovi?
CTA: Venire da due città complica solo un po’ di più le nostre vite già incasinate. Il risultato però può essere visto sotto una buona luce per almeno tre motivi. Il primo è che siamo più felici quando riusciamo ad essere tutti alle prove. Il secondo è che se manca qualcuno possiamo preparare dei bellissimi scherzi a chi è assente. Il terzo è che abbiamo due basi: Roma e Perugia.

SD: Prima di salutarci ci vuoi parlare un attimo dei vostri progetti per il futuro?
CTA: Andare a vivere nella stessa città, fare un genere ben definito (pop con tastiere e voce femminile), mascherarci da noi stessi, fare dei live sobri e ricevere applausi.

Txt & Pics by Andrea “Canthc” Cantelli x Salad Days Mag – All Rights Reserved

Eagles Of Death Metal – Carroponte 6 Luglio 2015

November 24, 2015 |

Decidiamo solo ora di pubblicare l’intervista con gli Eagles Of Death Metal, per dovuto rispetto nei confronti della piega davvero sciagurata che han preso le vicissitudini delle ultime settimane della band. L’assalto armato al Bataclan, venue parigina dove stavano suonando, con relativo assassinio del loro merchandise manager, Nick Alexander e di altri 3 colleghi della loro record label, Thomas Ayad, Marie Mosser, and Manu Perez.

E’ un caldo pomeriggio di luglio in quel di Sesto SG… Welcome to San Bernardino Valley, California. Arrivano per la seconda data italiana nel giro di 20 giorni gli Eagles Of Death Metal, in uscita con ‘Zipper Down’, e abbiamo l’onore di scambiare 4 parole con Jesse “The Devil” Hughes. Jesse è in stanza a godersi la climatizzazione e la sua bad girl ma dopo una mezz’oretta si presenta, nota la mia maglia dei Band Of Horses con una bella arancia della Georgia e mi abbraccia fortissimo dicendo: “Cazzo mia madre lavorava in quella farm!!! Sono i frutti più buoni e mi ricordano l’infanzia. Fumi?” e con una bella Chesterfield iniziamo a parlare di musica.

SD: Allora Jesse, visto che ne avrai piene le palle alle sesta intervista parliamo di te. Ho visto il bellissimo docufilm di VICE su di te, ‘REDEMPTION OF THE DEVIL’, e mi ha colpito molto. Come mai questo documentario?
JH: Oh WOW. Grazie della domanda. Non pensavo fosse arrivato anche qui. Quando VICE mi ha chiesto di parlare di quel periodo così lungo e particolare della mia vita all’inizio ero restio all’idea perché non mi va di parlarne. Ma vaffanculo era il momento di dire al mondo quanto fa male quella merda. Perché si, è merda. Ora fumo 2 pacchi al giorno e qualche joint ma con la merda ho smesso. Vado in chiesa con mia madre quando riesco e ringrazio Dio per avermi dato la forza e l’aiuto di persone care in quel periodo. WOW. Grazie ancora amico (con lungo abbraccio annesso).

SD: Avete finalmente un disco nuovo di zecca dopo 7 anni. Come mai questa lunga pausa?
JH: Si usciamo con ‘Zipper Down’ ma suoniamo sempre appena possiamo. Io e Josh (Homme) ci vediamo spesso e componiamo i brani. Milioni di brani. Cazzate, probabili masterpiece e ancora cazzate. Non abbiamo fretta. Josh ha molti impegni e quindi quando siamo pronti usciamo con un disco. Ma credimi man, sarà un disco della madonna!

SD: ‘Complexity’ che anticipa l’album è il vostro marchio di fabbrica. Radiofonica e irriverente. Cosa aspettarsi dal resto del disco?
JH: Non puoi aspettarti niente e puoi aspettarti tutto da noi. Facciamo Rock’N'Roll. Facciamo quello che ci sentiamo di fare e sappiamo che lo facciamo meglio che possiamo.

SD: Con questo mercato discografico sputtanato da Spotify e Apple Music avete pensato a qualche uscita particolare in Vinile?
JH: Si usciamo su tutti i canali disponibili, usciamo in vinile, presto usciremo con un box set di b-side in 7 pollici. Josh tiene molto a queste cose e sinceramente anche io amo il merchandise e comprare al merch delle band. Quindi più cose fighe trovi e più vuoi ascoltare quella band! Anni fa un artista italiano ci dedicò un poster (MALLEUS) e credimi man, è una delle cose più belle che possiedo.

SD: Capisco che Josh non può esserci in tour spesso ma noto con piacere che i musicisti che porti con te sono sempre grandissimi artisti (Matt McJunkin degli A Perfect Circle e il batterista dei Puscifer), quanto conta il LIVE per gli EODM?
JH: Gli EODM sono una fottuta LIVE BAND. Amiamo stare sul palco e condividere coi fans le emozioni. Quando sali sul palco e guardi la folla che balla, si muove, beve birra e canta le tue canzoni… è li che vediIL DIAVOLO. E’ li davanti a te. E ti gasi così tanto che ne esce sempre uno show della madonna. Tra qualche giorno saremo in Polonia a suonare. In Polonia cazzo!!! E i ragazzi saranno così gasati che ne uscirà uno show pazzesco anche in posto dove il Rock’N'Roll non passa spesso.

SD: Come darti torto, non so perché ma la vostra cerchia di amici li nel deserto riesce sempre a dimostrare il meglio in sede LIVE dai tempi dei Kyuss.
JH: Eh cazzo si. Sarà il clima man. Che cazzo ne so a noi piace trovarci per jam quando i ragazzi non sono in tour con le altre band e suonare. Suonare sempre e fare mille cazzate. Alla fine se vuoi suonare devi suonare. La musica è il mio lavoro e voglio farlo sempre al meglio.

SD: Ok Jesse, direi che possiamo andare a berne una. Ultima cosa… tornerete più spesso in Italia?
JH: Cazzo si! A dicembre siamo ancora qua. Amiamo l’italia e quando la booking mette le date siamo entusiasti. Per il pubblico e per il cibo cazzo! Grazie davvero e se ti viene in mente qualcosa durante lo show o dopo non esitare a chiedermelo! Se tu lavori e mi intervisti è perché io lavoro e suono bene o almeno ti piaccio sennò non lavorerebbe nessuno dei due. Ora andiamo a prenderci una cazzo di birra man.

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Sesto San Giovanni. San Bernardino Valley per questo 6 luglio. Matteo Fregnan

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http://www.vice.com/read/coming-soon-the-eagles-of-death-metal-speak-out-for-the-first-time-since-the-paris-attacks