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Salad Days Magazine | April 19, 2024

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HIGH VIS ‘BLENDING’

HIGH VIS ‘BLENDING’
Salad Days

Review Overview

8.5
8.5
8.5

Rating

HIGH VIS
‘Blending’-LP
(Dais)
8.5/10


Qui lo dico e qui lo scrivo senza paura di risultare fazioso o di parte: per me questo è il disco dell’anno assieme a ‘Unflavored’ dei Rotten Mind, e volendo la recensione potrebbe finire qui. Ma visto che sono professionale e ho voglia di parlarne, proseguo volentieri. High Vis sono uno dei nomi caldi della scena UK, a livello di gente come Chubby And The Gang, The Chisel, Higher Power e Big Cheese. Hanno radici nel giro punk hardcore (alcuni di loro hanno suonato in Tremors e Dirty Money) ma hanno intrapreso un percorso musicale leggermente diverso, che strizza l’occhio a gruppi come Crisis, Gang Of Four e The Cure, come si è potuto sentire sui primi due ep e il precedente lavoro ‘No Sense No Feeling’ uscito su Venn Records. Ora hanno fatto il “grande” salto e sono finiti su Dais Records, etichetta di proprietà del cantante dei Panic Gibby Miller molto attiva in ambito post punk/dark/elettronica che ci ha regalato gruppi del calibro di Drab Majesty, Spice, Choir Boy, Cold Cave, Youth Code e tanti altri. Con le gambe tranciate dalla pandemia proprio quando avrebbero dovuto portare in tour il precedente lavoro, i cinque ne hanno approfittato per intraprendere un percorso introspettivo sia personale che musicale. Il risultato sono 9 pezzi di post punk imbastardito ora da sonorità Madchester e brit pop, suonate con la grinta e l’urgenza del punk e del hardcore. I primi singoli sono un assaggio del sound che permea questo nuovo lavoro. ‘Talk For Hours’, che apre pure il disco, si bilancia tra l’ottimismo di una chimica temporanea e il pessimismo introspettivo che ne consegue, ‘Fever Dream’ sembra uscita dal concerto di Spike Island nel’90, ‘Blending’ si addentra in meandri quasi dream pop, mentre ‘Trauma Bonds’ (a mio avviso il pezzo più bello dell’album) è la realizzazione di come siamo legati per sempre alle tragedie che condividiamo, una canzone che incalza su un riff jangly alla Johnny Marr che esplode in un ritornello di liberazione catartica. In fondo tutto l’album è permeato dal pensiero che bisogna perdonare se stessi, far pace con i propri traumi e non vergognarsi per cose di cui non si ha colpa. Un pensiero che penso possa coinvolgerci tutti, specialmente dopo questi ultimi due anni. Tornando al discorso prettamente musicale, non sono da meno ‘Out Cold’, ‘Mortality Test’ e la bellissima chiusura con ‘Shame’. Ma a conti fatti dovrei riportare tutta la scaletta perché non c’è un solo pezzo brutto. ‘Blending’ è un disco che farà parlare molto di se, spero anche qui in Italia perché merita davvero tanto e non vedo l’ora di avere finalmente il vinile tra le mie mani. Per il momento mi “accontento” di ascoltare in loop la versione digitale. Un gruppo che potrebbe mettere d’accordo chi ascolta punk hardcore, in cerca di qualcosa di più soft e chi ascolta indie, alla ricerca di qualcosa di più “pesante” della solita roba. Il mio consiglio lo sapete già, basta rileggere le prime righe di questa recensione.
(Michael Simeon)

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