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Salad Days Magazine | March 19, 2024

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Miozan ‘Surrender Denied’

Miozan ‘Surrender Denied’
Salad Days

Review Overview

6.5
6.5
6.5

Rating

MIOZAN
‘Surrender Denied’-CD/LP/Digital
(Demons Run Amok Entertainment)
6.5/10


Se come me hai vissuto l’hc degli anni’90, non ti sei certo dimenticato dei tedeschi Miozan. Puntualmente ogni volta che gruppi come Ignite, Madball, Sick Of It All o Slapshot passavano in tour in terra tedesca (o nel nord Europa, in Italia non credo siano mai venuti a suonare) te li ritrovavi come special guest. Eh già, Mad Tourbooking ha sempre avuto un occhio di riguardo per i suoi connazionali suonanti. Detto questo, oggi, in questo ultimo scorcio di 2016, mi ritrovo a recensire il loro nuovo album, chiamato ‘Surrender Denied’. Ammetto candidamente di non aver mai seguito i Miozan e di non possedere neppure un loro disco. Li ho sempre trovati un pò “provincialotti” e pallosi, come poi erano la quasi totalità dei gruppi tedeschi in quegli anni (a parte i monumentali Acme, ma quello è tutto un altro discorso). I Miozan sono infatti dei “new yorkesi mancati”, cioè suonano quel tipico hardcore veloce, con i cori e tanta melodia, che non avrebbe certo sfigurato nella Grande Mela. Sciolti nel 2001, dopo dieci anni di carriera, i nostri hanno combattuto un cancro (quello di Frank), rivitalizzato la line up con del sangue fresco (l’unico altro membro originale è Cuddle) e strappato un contratto alla Demons Run Amok. Undici pezzi di robusto hardcore, come scrivevo più sopra ricco di cori, melodia e velocità. Traspare una certa fierezza da questi brani, una grande voglia di tornare a farsi sentire dopo anni di oblio. I testi sono sempre gli stessi: vita quotidiana e anti fascismo. Su quest’ultimo applaudo di tutto cuore, visto che non ci si scaglia mai abbastanza contro certe cattive abitudini. Non so che spazio ci possa essere per i Miozan nell’affollatissima scena hc mondiale. Di sicuro in Germania hanno dimostrato di avere ancora un buon seguito, e forse ciò gli basta. Ah, l’ultimo pezzo è una cover di un certo gruppo chiamato Insted e parla di fare la differenza…
(Marco Pasini)

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