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Salad Days Magazine | April 19, 2024

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Salad Days

77
‘High Decibels’-CD
(Listenable)
3/5

Hanno le idee chiare i catalani 77, rodati da decine di concerti, suonati a volumi e ritmi forsennati, come il titolo giustamente testimonia, sia come dichiarazione d’intenti che come attitudine, per questo secondo disco si affidano alle sapienti mani di Nicke Andersson, conosciuto ai più anche come Nick Royale, che dopo lo scioglimento degli Hellacopters si è dedicato a una carriera di produttore molto redditizia e fertile. Il risultato è un disco più curato e maturo, rispetto al disco d’esordio, dove la voce di Armand Valeta acquista maggior personalità e i cori vengono svolti in maniera più convinta, raffinata e complessa, suo fratello L.G. alla chitarra solista sfoggia tutta una serie d’assoli scatenandosi letteralmente e prendendosi sempre una maggior intraprendenza. La sezione ritmica formata da Dolphin alla batteria e Raw al basso li segue compatta, la prova è un brano come ‘Promised Land’ che nella sua lunga durata contiene praticamente tre brani diversi incastrati a formare una lunga suite dal sapore antico, undici minuti la sua durata. Musica che trae ispirazione e spunto dagli AC/DC dal periodo Bon Scott, ma i 77 ci aggiungono del loro, prendete ‘Let’s Beat It Up’ molto acidisiano nella sua composizione ma che gode di vita propria, trascinante da vero headbanger. Molti hanno l’erratica convinzione che sia facile piacere replicando lo stile di un gruppo come gli AC/DC, io non sono d’accordo, proprio perché è un genere super sfruttato richiede davvero il bilancino per poterlo suonare senza essere banali epigoni e il rock’n’roll sporco di ‘Give Me A Dollar’ lo ribadisce in pieno vincendo la palma di miglior brano del disco. Se nel futuro i 77 avranno il coraggio di rendersi ancora più autonomi staccandosi ulteriormente dal loro punto di riferimento musicale potranno ambire a un ruolo di primo piano a livello europeo, ruolo che dal vivo già gli appartiene.
(X-Man)

BUD SPENCER BLUES EXPLOSION
‘Do It’-CD
(Audioglobe)
3/5

‘DO IT’, acronimo di Dio Odia I Tristi, è una dichiarazione d’intenti contro l’italica propensione al lamento, al non agire, e loro, Adriano Viterbini e Cesare Petullicchio fanno proprio l’opposto: Do It – fallo in italiano – fai, agisci, che nel caso della B.S.B.E. significa soprattutto suonare, girare la penisola in una sorta di endless
tour. Blues, quello proposto, che partendo dalle origini si espande,la cover del classico ‘JESUS ON THE MAINLINE’ che termina dove inizia ‘SKRATCH EXPLOSION’ un minuto scarso di Hip-Hop fatto in collaborazione con DJ Myke, a ribadire il blues inteso più come feeling, come attitudine, che come un genere unico. I B.S.B.E., grazie anche a doti tecniche e artistiche non comuni, riescono a trasmettere energia allo stato puro alternando momenti di furore ad altri più equilibrati, influenze grunge mescolate all’hardcore
passando per il rock condiscono il loro blues urlato in italiano, a voler ribadire le loro radici, per essere credibili e perché no, anche capiti. Attualmente in Italia è difficile trovare qualcuno che sia più spontaneo e genuino di questo duo capitolino che con questo secondo disco in studio conferma in pieno tutte le belle sensazioni che regalano dal vivo. Dio Odia I Tristi è fatto per spazzare via tante consuetudini della scena underground italiana fatta da tanti, troppi personaggi mediocri più propensi al lamento che all’azione.
(X-Man)

VAN HALEN
‘A Different Kind Of Truth’-CD
(Interscope)
2

Ventisette anni, in questo lasso di tempo musicisti come Jimi Hendrix, Jim Morrison, sono nati, cresciuti, diventati delle rockstar e trovato la morte. Tanto ci hanno messo i Van Halen a tornare con quella che è quasi la loro formazione storica, quella degli esordi, quella che gli ha dato fama e gloria e che ha scritto la storia dell’hard rock statunitense, manca solo Michael Anthony, al basso, ammutinatosi nella diatriba che ha riguardato l’abbandono di Sammy Hagar, al suo posto c’è il figlio di Eddie: Wolfang, con questa line up logicamente le attese sono diventate enormi intorno ad un nome che è leggendario. In tutto questo tempo hanno conosciuto: malattie, dipendenze, alcolismo, oblio, declino, liti e abbandoni, ci mancano solo le cavallette di Beluschiana memoria. Ne valeva la pena dopo un lasso di tempo cosi enorme dove troppa acqua, e non solo quella purtroppo, è scorsa nel fiume, fare un disco che contiene ben sette brani che sono scarti riarrangiati dei tempi d’oro e che vede quell’istrione di Diamonds Dave non esser più in grado di produrre quell’atletic rock di cui era l’indiscusso caposcuola, è vero c’è Eddie con il suo inconfondibile stile e quel sound unico che nessuna altra band potrà replicare, se da un lato prevale la gioia nel riascoltare questa band, dall’altro c’è l’amarezza nel constatare quello che hanno prodotto. Parliamone dunque di questo disco che parte male con il singolo ‘Tattoo’, brano debole e senza spinta, vecchie fiammate c’è le riservano ‘Bullethead’, ‘Chinatown’ e ‘Stay Frost’ non sfigura nell’essere la nuova ‘Ice Cream’, ma quello che davvero manca a questo disco sono i brani quelli da party, quei singoli che ti restavano in testa e che sono diventati dei classici, questi brani scivolano via un po’ tutti uguali: non brutti ma nemmeno memorabili, oramai non vanno neanche più bene per BBQ fra quarantenni. Progetto pensato più per riportare in tour il nome leggendario a suon di contratti milionari e show esauriti e che vede il lato musicale passare in secondo piano, peccato però una occasione persa, forse l’ultima?
(X-Man)

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