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Salad Days Magazine | July 13, 2025

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PUNK ROCK HOLIDAY 2.5: LINE UP FINALE ANNUNCIATA

PUNK ROCK HOLIDAY 2.5: LINE UP FINALE ANNUNCIATA
Salad Days

Il Punk Rock Holiday è diventato negli anni uno dei festival europei più grandi di sempre, una di quelle situazioni da non saltare al pari del Brakrock e del nostrano Bayfest. Un appuntamento immancabile che ogni anno regala emozioni e soprattutto gruppi di cui gasarsi.

E quest’anno il warm up day, ovvero il primo giorno non ufficiale del festival che premia coloro che sono già nel campeggio, tiene nuovamente altissimo il livello: ci troviamo i Refused nel loro tour d’addio e quindi occasione ghiottissima per vederli un’ultima volta. Ci sono i Codefendants che annoverano tra le loro file gente dei Get Dead e pure Fat Mike (anche se la sua presenza non è mai certa), c’è il ritorno di The Baboon Show e Chaser, volti noti del festival. E infine per la prima volta i redivivi Save Ferris, gruppo proveniente dalla third wave of ska degli anni 90 che ha deciso di tornare in pista e non possiamo che esserne felici. Perché il PRH è anche una capsula temporale dove bene o male riesci a vedere i gruppi che per motivi anagrafici e logistici non sei mai riuscito a vedere. In attesa della suddivisione delle quattro restanti giornate, basta il parterre in locandina per far luccicare gli occhi: il ritorno dei Millencolin ad anni di distanza dalla loro ultima sciagurata esibizione al festival, la prima volta di Turbonegro, Grade 2, Zeke, Bodyjar, Gob, Battery, Rat Boy e The Iron Roses. E poi le grandi certezze del festival, da Frank Turner And The Sleeping Souls fino a Jaya The Cat e Authority Zero passando per Zebrahead, Agnostic Front, Madball, Ignite, Straightline e tanti altri, senza dimenticare tutti i gruppi che allieteranno i pomeriggi sul Beach Stage. Nota dolente le defezioni di Down By Law (per i noti problemi di salute del cantante Dave Smalley) e dei RKL che erano stati inizialmente annunciati e poi scomparsi dalla line up definitiva. Un gran peccato perdersi due pezzi di storia. Un’edizione decisamente croccante (se volete leggere di quella scorsa la troverete a seguire) in una location da sogno. Chi sa, sa. Ci vediamo la!!!

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PUNK ROCK HOLIDAY 2.4 RECAP

Il Punk Rock Holiday ormai è tradizione. Partito come un festival di belle speranze, nel giro di pochi anni si è trasformato in uno dei festival più noti a livello mondiale che va sold out ancora prima dell’annuncio della line up. Merito anche dell’esperienza collettiva che offre a livello di campeggio e interazione tra persone che negli anni sono diventate presenze quasi sempre certe, un modo anche per rivedere amici da tutte le parti del mondo, con in sottofondo tanta bella musica. Quest’anno ho deciso di prendermi un po’ di tempo per fare il report per avere un’analisi più lucida e rivisitare i bei ricordi.

DAY 0 – WARM UP
Una delle peculiarità del festival è quella di avere una giornata non ufficiale per tutti quelli che sono già arrivati in campeggio, spesso con nomi di discreta caratura. Quest’anno c’è stata pure la novità di allungare questa giornata anche ai gruppi del Beach Stage in modo da non dover aspettare il tardo pomeriggio per l’inizio dei concerti. Per chi non avesse dimestichezza col festival il Beach Stage è l’equivalente del palco piccolo dove si esibiscono i gruppi più underground mentre la gente fa il bagno nel fiume o prende il sole, e spesso e volentieri ti fa scoprire gruppi davvero interessanti. Ad emergere di sicuro sono i brasiliani Amorfo che hanno l’infame compito di aprire il festival ma lo fanno come se la loro vita dipendesse da ciò. Il loro crossover hardcore metal non fa prigionieri, un mix letale che ricorda sia i Ratos De Porao che l’hardcore metallizzato anni 90. Davvero una bella sorpresa, anche perché poi ho avuto modo di parlarci visto che ci siamo ritrovati vicini in campeggio. Altro gruppo che mi ha colpito positivamente sono stati gli inglesi Blagged, skate punk / hardcore melodico con voce femminile che può lontanamente ricordare i più famosi Not On Tour ma che in realtà hanno uno stile tutto loro. Spostandoci sul palco principale si inizia con ritmi danzerecci con lo ska di Toasters prima e Mad Caddies poi. Due modi diversi di intendere lo ska, con i primi più legati alla tradizione e capaci di trasformare in festa l’esordio del palco principale, mentre i Mad Caddies oscillano tra ska, reggae e qualche accelerata. Li ho persi di vista da anni ma c’è da dar loro atto di come intrattenere bene il pubblico. Il primo peso massimo della serata risponde al nome di Descendents. Cosa c’è da dire su di loro che non sia già stato detto in tutte le salse possibili? Basterebbe solo il loro nome per finire la recensione, ma toglierebbe valore ad un’esibizione coi controcazzi e una scaletta fatta di tanto cuore. I quattro sono di casa – terza volta al festival – e sono universalmente amati da molti e il loro set scivola via con un alto tasso di emotività e singalong. A chiudere la giornata ci sono i Rise Against, uno di quei gruppi che per peso e fama non ti aspetteresti mai di vederli al PRH. Personalmente ho sentimenti contrastanti nei loro confronti, ho amato e amo tutt’ora i primi tre album e poi ho gradualmente perso interesse per il gruppo. Detto questo ne riconosco la crescita musicale e il posto che occupano ora nella scena alternative mondiale. E forse non sono il più indicato nel parlare della loro esibizione perché della loro scaletta riconosco solo due canzoni e in più mi hanno dato la stessa impressione degli Offspring qualche anno fa, ovvero esibizione perfetta, quasi da registrazione in studio, ma che manca un po’ d’anima. Ma ammetto che se avessi conosciuto più canzoni avrei sicuramente apprezzato di più, di certo li ho apprezzati di più dell’unica volta che li avevo visti dove i suoni erano tremendi e penalizzanti. Il resto della serata scivola via all’afterparty prima di far ritorno al campeggio.

DAY 1
Primo giorno ufficiale e il festival continua a riempirsi di gente con gli ultimi arrivi. La gente ha voglia di musica e lo si nota anche giù al Beach Stage dove lo spazio sottopalco è sempre pieno. Ad emergere questo giorno sono gli inglesi Fair Do’s che suonano quello stile di skatepunk iper tecnico con qualche metallarata dentro, figli di Belvedere e affini, che potrà far storcere il naso ai puristi ma che dal vivo ha il suo bell’impatto. Un altro bel gruppo sono i californiani Spider, con il loro sound oscuro che oscilla tra OC punk e sound alla The Nerve Agents. Un tocco old school niente male per quelli che sono i canoni del PRH, davvero apprezzati. Old school che caratterizza pure i Slaughterhouse, stessa provenienza con una voce femminile che si sposa perfettamente con queste oscure vibes californiane. Una degna chiusura della prima giornata ufficiale del Beach Stage. Spostandoci sul palco principale a pesare in negativo è l’assenza dei Grade 2 dovuta a problemi familiari, un gruppo che avevo visto recentemente al Punk Rock Raduno e che mi sarei rivisto volentieri in una situazione da festival. Poco male perché finalmente c’è un gruppo inedito per quanto riguarda il festival, ovvero i Mustard Plug. Figli di quella third wave of ska che annovera gruppi come Less Than Jake, Buck-O-Nine e Reel Big Fish tra i tanti, sono autori di un bel set fatto di ska punk / ska core o come volete chiamarlo che fa muovere i culi dei tanti presenti. Seguono i Zebrahead, un gran cavallo di ritorno con il loro ibrido di punk, hardcore e rock. Non sono più quelli di Playmate Of The Year da anni, sanno tenere bene il palco e sono un buon gruppo da party, ma c’è sempre quel qualcosa che manca. Belli eh, ma danno sempre quell’idea che potrebbero fare qualcosa in più. Seguono i Comeback Kid, graditissimo ritorno, anche per la bella chiacchierata che ho fatto col cantante Andrew. Rispetto all’esibizione di due anni fa, che già di per se era bella carica, li ho trovati ancora più grintosi e in palla con un’esibizione maiuscola che si è conclusa con la solita invasione di palco su ‘Wake The Dead’. Riusciremo mai a vedere l’ultimo pezzo di un set del PRH senza avere lo zoo sul palco? Sigh. La mia serata si chiude ufficialmente qui, anche se la vera chiusura della prima giornata spetta ai Flogging Molly, un gruppo che ahimè non riesco a digerire e spesso mi fa scappare via verso altre zone del festival. Ma, c’è un ma. Ammetto candidamente che, per quanto non mi piaccia il genere, riconosco perché ne siano una punta di diamante. Sono rodati, sanno tenere il palco, sanno coinvolgere. E se la gente si diverte e fa macello sotto il palco chi sono io per dire il contrario?

DAY 2
Secondo giorno e la fatica inizia a farsi sentire, ma anche in questa occasione ci si becca una giornata di gran musica. Il Beach Stage è pregno di gruppi interessanti a partire dagli sloveni Smacked, con il loro skate punk melodico che gasa la gente sottopalco. Li avevo visti precedentemente in diverse occasioni ma stavolta è stata la migliore tra suoni e presenza sottopalco. I Deaf Devils dalla Spagna sono stati un’altra sorpresa con il loro punk-action rock, voce femminile graffiante e gran presenza scenica. A seguire gli olandesi Drunktank con il loro ibrido di skatepunk anni 90 e metal anni 80 dove il primo prevale sul secondo e pure loro gran bella esibizione. Il gruppo che attendevo di più in giornata è quello che chiude il Beach Stage, ovvero i Seized Up. Mi avevano gasato con l’album precedente e quello nuovo che prometteva molto bene, ma non mi ero documentato oltre la musica. Quindi mi sono ritrovato sorpreso a vedere sul palco il cantante dei Bl’ast!, il bassista dei Good Riddance e il batterista di The Distillers, un super gruppo praticamente. Punk hardcore californiano diretto e intenso e spesso non banale, decisamente atipico per i canoni del PRH, ma ringrazio comunque di cuore di aver avuto la possibilità di vederli. Ad aprire le danze sul palco principale ci sono i canadesi Belvedere, uno di quei gruppi che da solo ha involontariamente creato un genere, o meglio una costola dello skatepunk, quella ipertecnica. Ma loro oltre a quello ci mettono tanto cuore e nonostante l’età non propriamente giovane si muovono sul palco come dei ragazzini che hanno fame e voglia di dimostrare, decisamente sempre un piacere vederli. Saltata a piè pari l’esibizione da Oktoberfest dei Feine Sahne Fishfilet è tempo per altri mostri sacri di salire sul palco, ovvero gli Strung Out. Altro gruppo che ho amato e che poi dopo una certa ho perso per strada. A livello di tecnica sono ancora al top, ma la voce di Jason ormai è minata da anni e purtroppo risulta una pecca non da poco. Peccato davvero, ma mi terrò i bei ricordi. I Terror tornano dopo qualche anno di assenza e che esibizione signori. 35 minuti di pura furia hardcore senza mai cadere di potenza e intensità. Saliti sul palco, raffica di pugni ben assestati, ko e via giù dal palco. Veni, vidi, vici. Favolosi. A chiudere la serata ci pensano i Less Than Jake, altri beniamini del pubblico del PRH. Anche per loro l’età si fa un po’ sentire ma nonostante tutto fanno un bel set che mischia grandi classici alle cose più recenti, la gente si diverte e loro si divertono a perculare la gente nel pit. Mi sono davvero divertito ed era da un po’ che non succedeva ai loro concerti.

DAY 3
Terzo giorno, la fatica porta a delirare. Si passa da “sembra di essere qui da settimane” a “merda, domani è l’ultimo giorno”. Cose buffe, così. Per cause di forza maggiore mi sono perso gran parte dei gruppi del Beach Stage, sono riuscito a sentirmi gli italianissimi Stanis, con il loro skatepunk anni 90 iper tiratissimo, una bella rappresentanza a fare onore al nostro Paese. Poi dopo una pausa nella press area sono riuscito a vedermi i The Drowns, quartetto di Seattle che mischia pop punk, rock’n’roll e street punk, una miscela niente male che conferma dal vivo quanto di buono avevo sentito su disco, davvero validi. A chiudere la giornata del Beach Stage ci pensano i The Meffs, duo inglese finito su Fat Wreck Chords / Bottles To The Ground. Non fatevi ingannare dalla presenza numerica sul palco perché il duo tiene il palco come se ci fossero altre tre persone assieme a loro. Punk rock impegnato con quel forte accento britannico che a me piace tanto che ha saputo riempire lo spazio sottopalco quasi come un sold out. Belli e bravi, bravi e belli. Ad aprire le danze sul palco principale ci sono i Venerea, gruppo storico della scena nordica anche se non esplosi del tutto come Satanic Surfers, No Fun At All e soci, ma che ha saputo costruirsi un piccolo culto negli anni. Skatepunk alla vecchia, tante belle melodie, il loro set scivola via scaldando i già tanti presenti sotto palco. Seguono i Death By Stereo, uno di quei gruppi che sembra non invecchiare mai, che regalano un set infuocato con la loro miscela di hardcore urlato ma allo stesso tempo melodico, grandi pezzi, presenza scenica come pochi, benvenga che siano ancora in giro a infuocare palchi e far uscire dischi, senza tralasciare il bellissimo spessore umano. Il Main Stage questa giornata non si ferma un attimo, neanche il tempo di riposare e attaccano i A Wilhelm Scream, altri pesi massimi del genere. E quando i maestri scendono in campo c’è poco da fare se non gasarsi e godersi il loro set fatto di skatepunk ipertecnico con punte metal e tanta melodia, anche loro sempre un piacere. Restando a tema skatepunk è il turno dei veterani No Fun At All, ormai di casa al PRH e che stanno vivendo una sorta di seconda giovinezza. Il set è godibile, le hit ci sono tutte, suonano da dio ma non aggiungono niente alle loro precedenti comparsate al festival. A chiudere la serata ci pensano i H2O, arrivati davvero all’ultimo rischiando anche un’incidente durante il tragitto. Con loro è sempre un terno al lotto per quanto riguarda le loro esibizioni ma questa volta, per fortuna nostra, il gruppo è davvero in forma. Toby Morse arringa la folla mentre il figlio Maximus picchia duro sulle pelli. Forse potevano fare qualche pezzo in più ma come per i Terror un bel set corto e fatto bene, quindi davvero nulla di cui lamentarsi.

DAY 4
Ultimo giorno, forze fisiche e mentali agli sgoccioli. Per quel che riguarda il Beach Stage a pesare è la risaputa defezione dei Pkew Pkew Pkew, altri grandi assenti assieme ai Grade 2. E ahimè non posso raccontare molto di quello che è successo giù in spiaggia perché ho preferito recuperare le forze per il rush finale sul main stage. Giusto l’esibizione delle IDestroy, trio tutto al femminile che mescola punk, rock e un pochino di indie che nel loro caso non guasta per niente. Sul Main Stage i primi a salire sul palco sono i Blowfuse, un gruppo che abbiamo visto spesso dalle nostre parti e confermano di essere degli animali da palco, con il loro ibrido di skate punk e alternative rock. Che piacciano o meno il loro lo sanno fare davvero bene. Un altro graditissimo ritorno è quello dei Not On Tour che mancavano da un bel po’ al festival. La band è davvero in formissima, tirano che è un piacere senza nessun calo di tensione nonostante l’afa tropicale. Neanche il tempo di ripigliarsi che bisogna correre verso l’acoustic stage di American Socks per l’esibizione di Dan Andriano: una sorta di toccata e fuga, quattro pezzi e via, ma sentirsi ‘Maybe I’ll Catch Fire’ in acustico non ha prezzo. Grazie Dan. Sul palco principale è il momento degli Exploited e ahimè davvero non ci siamo. Tendo a sottolineare che questa è solamente la mia impressione e non una tautologia ma questa versione metallizzata del punk che il gruppo ha adottato da ‘Beat The Bastards’ in poi toglie quella poca anima che avevano i pezzi negli anni 80. Un problema che non hanno i UK Subs che regalano un set con i controcoglioni. Charlie Harper a 80 anni è ancora li e l’unico segno di cedimento ce l’ha all’ultimo pezzo della scaletta, davvero non male. Il loro punk tipicamente british riesce ancora a scaldare i cuori. E veniamo ai headliner della serata, ovvero i Alkaline Trio, una scelta davvero atipica visto il target medio del festival. E badate, non mi sto lamentando, anzi, ero al settimo cielo di potermeli rivedere dopo più di 20 anni, ma ero curioso della risposta del pubblico nei loro confronti. Tutto è andato per il verso giusto, loro vestiti da becchini nonostante l’afa e la gente che si è goduta e ha partecipato attivamente all’esibizione. Un bel mix di vecchi classici, pezzi inaspettati e canzoni più recenti. E pure ‘This Could Be Love’ come bis richiesto a furor di popolo. Davvero un bellissimo finale di festival. A seguire il classico Punk Rock Karaoke a opera dei mitici Pigs Parlament, un rito di passaggio per chiunque sia al PRH. Mi hanno usato come agnello sacrificale per farlo partire, ho cantato la mia solita cover dei Misfits, sono finito nel backstage dei Not On Tour, rubato la pizza dal camerino degli Alkaline Trio e finito la mia serata a collassare su una sedia sdraio col sorriso sulle labbra mentre la gente passava tra campeggio e zona afterparty.

(Txt Michael Simeon x Salad Days Mag – All Rights Reserved)

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