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Salad Days Magazine | June 8, 2025

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IRON MAIS ‘GIRATI CHE TI AMO’

IRON MAIS ‘GIRATI CHE TI AMO’
Salad Days

Review Overview

7
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Rating

IRON MAIS
‘Girati Che Ti Amo’-CD
(Maninalto!)
7/10


Le derive della punkrock music, che un tempo hanno fatto sparire dai radar più di qualche band temeraria, sono la rotta obbligata dei lombardi Iron Mais. Bontà loro non hanno stravolto un genere soltanto, ne hanno sminchiati almeno tre o quattro! Darci giù di vanga e badile con country, bluegrass e r’n'b può essere un lavoro estenuante e poco redditizio, soprattutto se sei venuto su a Pistols, Meteors, Hellacopters, AC/DC… niente zappa, aratro e falcetto quindi, ma chitarre affilate, violini folk e contrabbasso che va a passeggio con il banjo, cercando di ricreare lo stesso immaginario che darebbe John Boorman (‘Un Tranquillo Weekend Di Paura’) se avesse usato come location la pianura padana. L’ingresso sonoro all’album lo da l’irriverente ‘Martedì Is The New Lunedì’. Avete mai pensato a cosa sarebbe accaduto se Hank Williams III avesse collaborato con Bruno Lauzi? Non pensateci infatti! Ma sparate a palla sto pezzo “Arrivano gli squali / arrivano i marziani / ma forse ho più paura degli umani”, svolterà in negativo l’idea di merda che già avete nei confronti dell’inizio settimana! ‘Old Mountain Rosemary’ ha un taglio western che gira attorno ad una chitarra rockabilly, ed una sovrapposizione di voci che creano una melodia clashiana e rimandi a brani storici come ‘Prisoner’ e ‘Jail Guitar Doors’ (Black Market Clash). La street/country ‘Chiediamo Venia’ incupisce i toni e allarga gli orizzonti. Segno che i ragazzacci di riffa o di raffa, su qualche album di Indigesti e Negazione sono inciampati lungo la strada, montando playlist a caso con Fucktotum e Punkreas per svangare le giornate: “Rispetto, cuore ed onestà/ Ma che cos’è che t’ha insegnato tuo papà?”. La title track ‘Girati Che Ti Amo’ a mio avviso uno dei brani più fiacchi, resta un bel wanna be the next big thing; la voce femminile, graffiante e suadente riuscirebbe a convincere anche gli ascoltatori più timidi, ma i cambi di tempo sono difficili da maneggiare anche dai musicisti più sapienti, serve un’ aggiustata… che guarda caso arriva con la cover (azzeccata) del reverendo Manson – The Dope Show. Questo resta uno dei momenti più riusciti. Sound odierno e internazionale, che ricorda per approccio roba californiana gotica e psychobilly a mò di Rezurex e Tiger Army. Big Up! ‘Deltacortene Blues’ poi è una mistura letale/cajun di riffoni bluesy con pedale overdrive della chitarra sparato a dieci: da Robert Johnson a George Thorogood, passando per Cramps e Hasil Adkins, a volte sono i pezzi più lenti ad avere più tiro. Groove devastante. Spazio anche all’Europop di ‘La Canzone Dance’ e alla cover-up di ‘Please, Please, Please, Let Me What I Want’ – degli Smiths, che nonostante tutti i preamboli positivi e le good vibes mi lasciano piuttosto tiepido. Se fino a qua ci siete arrivati sulle vostre gambe, godetevi il gran finale, col singolone dal quale poi né è stato tratto pure il video promozionale. La cifra stilistica degli Iron Mais è condensata tutta qua, nel brano ‘My Friends Are Gone’, ritmo primordiale, melodia sabbiosa ed equalizzazione da Nashville Country Radio… un po’ Jello Biafra un po’ Legendary Shack Shakers. In una scena trasversale come quella italiana, dove chiunque segue le band dal vivo e poi a casa ascolta tutt’altro, e dove stanno a fare tutti un po’ i cowboy con la pistola degli altri, provate ad invertire la tendenza dando più di una chance a questo disco, e fatevela venire qualche idea geniale. Hai visto mai che vi ritrovate pure voi in mezzo ad un campo di grano a batter tamburi come non ci fosse un domani.
(Mat The Cat)

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