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Salad Days Magazine | May 3, 2024

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BAYSIDE ‘THERE ARE WORSE THINGS THAN BEING ALIVE’

BAYSIDE ‘THERE ARE WORSE THINGS THAN BEING ALIVE’
Salad Days

Review Overview

7.5
7.5
7.5

Rating

BAYSIDE
‘There Are Worse Things Than Being Alive’-LP
(Hopeless)
7.5/10


Bayside sono una di quei gruppi che ha raccolto meno di quanta abbia seminato negli anni. Venuti alla ribalta nei primi 2000 durante l’epoca della svolta “emo” della Victory Records che assieme a loro mise sotto contratto gente come Taking Back Sunday, Thursday, Student Rick e Count The Stars, i Bayside si sono subito distinti per un sound decisamente personale che pesca a piene mani da punk, emo e alternative applicandoci melodie malinconiche, una formula ancora fresca al tempo. Facendo un bel balzo in avanti di una ventina d’anni li ritroviamo ancora qui a far uscire album su album, il nono in questo caso. E se dopo 20 anni un gruppo riesce ancora a sorprenderti in qualche modo vuol dire che è davvero valido, specialmente se riesce a rinnovarsi sempre senza perdere il cuore del proprio sound. Questo ‘There Are Worse Things Than Being Alive’ mescola di nuovo le carte in tavola: c’è del metallo, tanto metallo, tra riff taglienti e accelerate/cavalcate degne del migliori headbangers. E vi starete chiedendo, cosa centra il metal con i Bayside? Beh, se devo dirla tutta, una riposta non so darvela, se non dire che per qualche strano motivo i pezzi funzionano dannatamente bene! E no, Anthony Raneri non si è messo a cantare come James Hetfield o Tom Araya, i Bayside non sono diventati gli Avenged Sevenfold. Le melodie che abbiamo amato dai lavori degli esordi sono ancora li, da quelle non si scappa per fortuna, ma i quattro hanno questa innata capacità di prenderti per mano e accompagnarti nelle novità senza farti perdere il ricordo del passato. Qualcuno potrà storcere il naso sulla produzione pompata e perché no un po’ ruffiana, ma anche qua si torna al pensiero precedente, ovvero la capacità del gruppo del farti sembrare che non sia cambiato niente quando in realtà suona fresco e potente. Con tanto di cappello aggiungerei. E qui si torna all’apertura di questa recensione, ovvero com’è possibile che un gruppo con una discografia consistente e con pochissimi e leggerissimi passi falsi non venga mai citato tra i mostri sacri del genere? Un quesito spassionato che però non ha bisogno per forza di una risposta, perché finché pubblicheranno album come questo la loro accorata fanbase avrà sempre un motivo per sorridere. Bentornati!
(Michael Simeon)

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