Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Salad Days Magazine | April 28, 2024

Scroll to top

Top

No Comments

DROPKICK MURPHYS ‘TURN UP THAT DIAL’

DROPKICK MURPHYS ‘TURN UP THAT DIAL’
Salad Days

Review Overview

7
7
7

Rating

DROPKICK MURPHYS
‘Turn Up That Dial’-CD
(Born & Bred)
7/10


L’industria Dropkick Murphys è arrivata al decimo album, da ‘Do Or Die’ loro primo full lenght ne è passata di birra sopra ai banconi e infiniti shot di whisky hanno ammaccato i tavoli di legno degli irish pub sparsi per il globo terracqueo. Nel tempo intercorso tra quel loro folgorante esordio e il 2021 va da se ne son successe di ogni, cose auspicabili e inaspettate, cose che non basterebbero 25 anni per raccontarle tutte. Non è stato facile all’inizio fare a meno dei dimissionari Mike McColgan e Rick Burton esattamente cantante / songwriter e chitarrista, che in parole povere fecero detonare la bomba ma non si goderono la deflagrazione! Non è facile nemmeno ora reggere lo scudo di miglior band celtic punk in circolazione con buona pace dei Flogging Molly e per certi versi anche dei Pogues. Il marchio Dropkick Murphys pur mantenendo un profilo basso che solo la working class bostoniana riesce a conferire gode di ottimi hype e di una esposizione mediatica rara per una punk band, probabilmente han sempre gestito le cose a modo loro senza farsi fregare dal web e dal marketing dissennato. Non me ne vogliano i colleghi illustri Real McKenzie’s e Rumjacks, che partiti dallo stesso minimo comune denominatore son rimasti “bloccati alla fermata del tram”. Il mood clashiano del Do It Yourself se ha altresì portato giovamento dal punto di vista gestionale li ha paradossalmente incastrati da quello sonoro, in un fantastico cliché che pare voler urlare: da qui all’eternità. Con gli 11 brani di ‘Turn Up That Dial’ celebrano il piacere della musica, il sollievo ed il conforto che questa offre in un anno tragico e balordo come quello che sta trascorrendo; a sentire le parole di Ken Casey co-fondatore e basso e ora seconda voce, il messaggio è chiaro “Pugni In Alto E Alza Il Volume!”. Nel singolo ‘Middle Finger’ Al Barr sputa fuori le strofe con un grigno diabolico finché il brano non scoppia nel ritornello “I Could Never Keep That Middle Finger Down”. È un album liberatorio spiega il batterista Matt Kelly , che esce come un ariete in un momento storico delicatissimo. ‘Mick Jones Nicked My Pudding’ è un piccolo capolavoro street-Oi di sarcasmo e aneddotica rock “…sei un tipo losco in cerca di uno spuntino, tieni giù il cucchiaio o prenderai uno schiaffo… Mick Jones mi ha fregato il budino.” ‘Queen Of Suffolk Country’ sembra composta ai tempi di ‘Blackout’ album della svolta artistica del 2004, ‘Good As Gold’ è ruggente e incalza come fosse suonata dagli Stiff Little Fingers. Menzione d’onore anche per la title track e la struggente ‘I Wish You Were Here’, intima e profonda dedicata alla memoria del padre di Al Barr scomparso da poco. Concludendo non è un disco fondamentale ma la classe si sente ed in fondo non deve essere facile campare sugli allori, ora che i Murphys non devono dimostrare nulla si presentano alla scena con un album che li fa splendere come ambasciatori della migliore canzone d’autore folk- celtic e punk mondiale. Una storia di resistenza, di introspezione, di rivelazione.
(Mat The Cat)

Submit a Comment