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Salad Days Magazine | April 29, 2024

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FINE BEFORE YOU CAME ‘FORME COMPLESSE’

FINE BEFORE YOU CAME ‘FORME COMPLESSE’
Salad Days

Review Overview

10
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FINE BEFORE YOU CAME
‘Forme Complesse’-LP
(Legno)
10/10


Sembra uno scherzo: l’ultimo Fine Before You Came esce praticamente assieme a ‘Disconnection’, il libro sull’hardcore degli anni ’90. Non posso che partire qui, da questo fatto: io c’ero, e soprattutto c’ero a Milano. Per dirla senza troppe pare, con molta tranquillità, visto che stiamo parlando di mille anni fa, sono due le dinamiche che mi hanno allontanato da quel momento, da quell’era: l’ideologia degli straight edge e la “spocchia” degli “emo”. In altre parole, quando la cosa si è fatta troppo seria, o forse “seriosa” è la parola giusta: no more my cup of tea. Sui primi responsabili del mio allontanamento si è detto tutto. Ma è un fatto che la ferita sia ancora aperta, se continuo a sentirmi dire roba tipo “avremmo anche sbagliato, ma se a cinquant’anni sono così in forma, lo devo a Ray Cappo”. Indifendibili. I Fine Before You Come erano (per me) i capi della seconda tribù, gli ambasciatori italiani della nazione emo-core. I Padri Fondatori erano gli Embrace prima e i Fugazi dopo: quelli erano i nuovi punti di riferimento musicali e attitudinali (BTW, incredibile come MacKaye sia stato responsabile di nascita, sviluppo e morte dell’hardcore, incredibile). Risultato: se prima i concerti erano una festa, dopo c’erano più regole e più aria spessa che a messa. Thanks God, nel frattempo scoprivo Matt Cantor, Fatboy Slim e tutta l’elettronica: saluti e baci ragazzi! Fast forward: chi mi ha fatto far pace con l’hardcore? I Fine Before You Came, proprio loro.

Concerto al Magnolia, direi 2014 (quanto ci ho messo!): un pienone, una botta, un sing-along dall’inizio alla fine. Wow, ma allora è vero: “quella cosa” c’è ancora! Da lì, ovvio, li ho seguiti come i Casino Royale: intoccabili. Li accomuno ad Alioscia e company, apparentemente un’eresia, per il fatto che è gente che ci sfida negli ascolti, sono gruppi che difficilmente “giocano in casa”, nella propria comfort zone. Con uno sbattimento ulteriore: sono (siamo) milanesi, e quindi stronzi. Se leggete di musica, sapete già che ‘Forme Complesse’ è l’album del rallentamento dei nostri. Ma forse è sbagliato pensare ad una frenata. Cerco di spiegarmi. Sempre in pieni anni ’90, abbiamo avuto la fortuna di vedere gli Unsane in Conchetta. Mi ricordo che i loro concerti erano tipo: “cazzo, questi sono solo in tre, e riescono a fare tutto ‘sto casino”. Uscivamo senza parole, pettinati dalla batteria di Signorelli, sudati non tanto per il pogo (che agli Unsane non c’era), quanto per il nostro sforzo nel resistere al loro rumore: l’acufene ti durava tutta notte… lo chiamavano noise core. ‘Forme Complesse’, è l’esatto contrario. Lo sento, e rimango a bocca aperta: “cazzo, questi sono in cinque, e riescono a fare tutto ‘sto silenzio”. Parole chiave, mentre lo ascoltate in cuffia: massima attenzione, piccoli dettagli, suoni stratificati, interventi sussurrati… lo chiamano slow core. Il tutto, sia ben chiaro, reso in maniera “elettrica”, se non (secondo me) con piccoli inserti di “elettronica”: personalmente trovo l’acustico nel punk o nell’hardcore peggio dell’ideologia degli straight edge. “Se ho vinto, se ho perso”, ci/si chiedevano i Kina. Dei mille e più gruppi citati in ‘Disconnection’, i Fine Before
You Came vincono, punto.
(fmazza1972)

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