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Salad Days Magazine | July 27, 2024

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Helmet ‘Dead To The World’

Helmet ‘Dead To The World’
Salad Days

Review Overview

7
7
7

Rating

HELMET
‘Dead To The World’-LP/CD/Digital
(earMUSIC)
7/10


Sono davvero molto legato agli Helmet e ai loro primi lavori. Correva infatti l’anno 1994, e sul finire dell’estate li vidi suonare al Velvet di Rimini durante il tour di supporto dell’allora appena uscito ‘Betty’, che insieme a ‘Meantime’, rimane sempre uno dei miei dischi preferiti. Sono legato al gruppo di Page Hamilton anche per un altro motivo: sono stati la prima band che ho visto dal vivo. Ebbene sì, il mio battesimo live è stato proprio con loro. Qualche tempo dopo avrei visto le L7 con i Wool al Vidia di Cesena, ma questa è un’altra storia. Inutile divi che gli Helmet hanno ancora un posto di primo piano nel mio cuore, li ho visti svariate volte nel corso degli anni, ma ho smesso di seguirli “su disco” perchè francamente non trovavo più spunti di interesse. Ora, ventidue anni dopo, mi trovo a scrivere della loro ultima fatica, dopo un silenzio durato ben sei anni. Il gruppo newyorkese oggi vede in formazione il solo membro fondatore Hamilton, e suona un pò diverso rispetto ai fasti di molti anni fa. Se prima i nostri erano i paladini dell’alternative noise, con quei riffoni al granito, quella sezione ritmica chirurgica e quella voce cantilenante e che ti si conficcava subito in testa, ora gli Helmet sono un onesto gruppo alternative rock un po’ più pesante. Ascoltando questi brani ci sono ancora echi lontani del loro sound pregio delle strade della Grande Mela, ma il tutto è imbevuto in un’atmosfera di calma e quiete, in cui i nostri preferiscono concedersi alla loro parte più intimista, piuttosto che al wall of sound che sprigionavano. Quelle scariche di pura elettricità sono un ricordo lontano. E’ un Page Hamilton rilassato, quasi zen quello dietro al microfono, lontano anni luce da quella voce metropolitana carica di pathos e rabbia. Oggi il nostro vive a Los Angeles, si gode la vita e non intende farsi fregare dallo schifo che lo circonda. In una sua recente dichiarazione affermò che il suo modo di combattere l’inciviltà, la violenza, l’impazienza è quella di fare rumore. Bhè, molto probabilmente con la vecchiaia il suo concetto di “rumore” è mutato, ma anche così si lascia intendere. Questo disco suona molto catchy, in alcuni momenti sconfina quasi nel pop, conservando un certo stile nel modo in cui è stato suonato e prodotto. Brani come l’iniziale ‘Life Or Death’, ‘I Love My Guru’ suonano davvero bene, ben bilanciati. Invece un brano come ‘Green Shirt’ è quasi una filastrocca, dall’incedere sbilenco. In generale constato che il gruppo è in forma e voglioso di dimostrare che ha ancora molte frecce a disposizione nel suo arco. Non fate però l’errore di accostarvi a questo vinile pensando di riascoltare song ispirate ad ‘Unsung’ o ‘Milquetoast’. Quei tempi sono definitivamente tramontati. Il nuovo corso degli Helmet è questo, punto e basta.
(Marco Pasini)

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